Sigarette, arriva l’aumento: quanto (e se) ci guadagna il tabaccaio

L’aumento più o meno ciclico del costo delle sigarette rischia di non influenzare più di tanto i guadagni del tabaccaio. Né in positivo né in negativo.

 

Un dato di fatto, lo si voglia o no, è che il fumo fa male. A chi fuma e a chi sta attorno al fumatore. Un concetto talmente basilare da essere appreso fin da piccolissimi.

Sigarette aumento
Foto © AdobeStock

Eppure, il mercato del tabacco resta uno dei più floridi, i fumatori proseguono indefessi pur nella consapevolezza di quanto deleterio sia e i tabaccai continuano a esporre la loro scaffalatura di marche più o meno famose. In pratica, anche se è noto che il fumo fa male, il fascino della sigaretta continua a generare proseliti. Del resto, il vizio del fumo è roba antica, affrontata in letteratura, pietra miliare degli esami di maturità incentrati su Svevo, Zeno Cosini e la sua coscienza. Tanto che, a pensarci bene, essere gestori di una tabaccheria potrebbe sembrare un buon affare, almeno dal di fuori. Perché si tratta a tutti gli effetti di un esercizio commerciale che, come tutti, è soggetto alle sue brave tassazioni.

È chiaro che aprire un’attività commerciale non sia come bere il proverbiale bicchiere d’acqua. Chi lo fa, di regola, tiene d’occhio diversi fattori, si affida a studi di fattibilità, pondera diverse situazioni prima di tirar su la serranda e tentare di fare affari. Tradizionalmente, alla tabaccheria si associa un rendimento redditizio e non solo per le sigarette. Il nome, infatti, trae abbastanza in inganno visto che, ormai da diversi anni, all’interno di questi esercizi si possono acquistare giornali e Gratta e vinci, fare ricariche telefoniche, persino pagare bollette e acquistare marche da bollo. Qualcuno resiste anche con i francobolli. In sostanza, il vero affare non è legato solo al consumo di sigarette.

Sigarette, aumenta il prezzo: qual è il vero affare per il tabaccaio

L’aumento del costo del tabacco, inteso come pacchetto di sigarette, è in realtà qualcosa di abbastanza ciclico (senza considerare gli ulteriori plus). Lo Stato lo fa a intervalli più o meno regolari, senza tuttavia intaccare minimamente gli standard di consumo. È indicativo pensare che, a fronte dell’aumento dei prezzi, appena l’1% dei consumatori decide di sgravare i propri polmoni dal peso della nicotina. Un dato da non sottovalutare, nemmeno dal punto di vista di un tabaccaio. Il punto, infatti, è legato al pagamento dell’aggio, ossia la quota di ricavo spettante al rivenditore. Si tratta in buona sostanza del profitto lordo, variabile in base ai vari prodotti e/o servizi del Monopolio. Il che rischia di non essere un buon affare per l’esercente. In Italia l’aggio è dato al 10% sui tabacchi e all’8% sui giochi. Stando così le cose, su un pacchetto di sigarette da 5 euro, il guadagno per il tabaccaio sarebbe appena di 0,50.

A conti fatti, l’impatto dell’aumento del prezzo dei pacchetti non grava più di tanto. I consumatori continuano ad acquistarli e la vendita non ne risente più di tanto, per non dire per nulla. Quindi, al netto dell’aggio, il netto mensile da 1.500 euro guadagnato dai tabaccai secondo l’Istat fa leva soprattutto sul vizio dei fumatori. L’aumento ciclico e la riduzione quasi ininfluente dei consumatori di sigarette lascia praticamente le bocce ferme. Un altro fattore da tenere in considerazione se si vuole aprire un’attività di questo tipo.

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