Dire “no” al capo se le richieste si rivelano assurde: quando è possibile senza rischiare il posto

Dire “no” al capo se le richieste espresse sembrano senza senso e inopportune è possibile senza rischiare di perdere il lavoro o di sembrare lavativi? Per rispondere occorre contestualizzare l’evento.

Davanti ad una richiesta assurda il lavoratore si pone la domanda “cosa accadrebbe se dicessi di no?”. Cerchiamo di definire una risposta.

dire no al capo
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Il luogo di lavoro dovrebbe essere un ambiente sereno, professionale, ospitale per poter svolgere al meglio la propria occupazione. I colleghi dovrebbero essere simpatici, cordiali e disponibili e la competitività dovrebbe essere sana. E poi c’è lui o lei, il capo, con la sua autorità, le direttive e le perle di saggezza da sciorinare ai dipendenti. Un vero “leader” dell’ufficio dovrebbe saper gratificare i lavoratori, spronarli a migliorare, redarguirli se necessario ma con una critica costruttiva. Quello appena descritto è il contesto ideale per poter lavorare sereni ma tante persone vivono una realtà ben diversa. In diversi ambienti a generare disagi e malcontenti è proprio il capo, colui che dovrebbe rasserenare i dipendenti seppur chiedendo il massimo dell’impegno. Davanti a pretese assurde, come è possibile agire?

Dire “no” al capo, distinguiamo i diversi casi

Una regola generale che possa indicare come agire nel momento in cui si è dinanzi ad una richiesta assurda del capo e si sente l’esigenza di rispondere “no” non esiste. Occorre contestualizzare le situazioni e sarebbe necessario approfondire le dinamiche dell’ambiente lavorativo per fornire la risposta più corretta alla domanda “come posso agire?”. Spesso i datori di lavoro sembrano lanciare proposte o richieste incomprensibili ma può capitare che lo siano agli occhi del dipendente che non conoscono le motivazioni dietro alla necessità. Può essere utile, in alcuni casi, domandare al datore di lavoro delucidazioni per aver chiaro il contesto in cui introdurre la richiesta e trovarvi una giustificazione al fine di procede più serenamente e senza pensare che si tratti di una presa in giro.

Assurdo è e assurdo rimane

Se la motivazione data, invece, continua a restare nell’ambito dell’assurdo e la richiesta appare ancora ingiustificata e “strana” le opzioni sono due. Impuntarsi e riferire al capo la volontà di non eseguirla perché reputata inopportuna (scelta non conveniente nella maggior parte dei casi) oppure procedere con il proprio lavoro accontentando il datore senza sprecare tempo ed energie a contrastarlo non sapendo dove porterà l’atteggiamento rivoluzionario. Alla fine, infatti, il responsabile di quanto richiesto è il capo e se vuole che si interrompa un’attività importante per svolgerne un’altra apparentemente assurda a rimetterci è lui stesso.

Si può pensare di inserire una condizione per lo svolgimento del lavoro ma spesso è bene riservarsi la possibilità di dire “no” al capo in momenti più importanti.

Attenzione, alle richieste senza senso c’è un limite

Diverso il caso di una richiesta palesemente assurda volta ad infastidire o minimizzare l’operato del lavoratore. Non dimentichiamo che in tanti luoghi di lavoro esiste, purtroppo, il mobbing che si può tradurre anche in richieste stupide che umiliano e avviliscono il dipendente. Gli atteggiamenti molesti, infatti, possono manifestarsi in modi diversi. A parole, con gesti o comportamenti volti ad isolare la vittima. In questi casi oltre a dire “no” è possibile dimostrare il mobbing con prove certe e inoltrare richiesta di risarcimento al proprio capo per danni psicologici e fisici.

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