Occhio al Redditometro: il Fisco controlla chi vive ancora in famiglia

Vivere con i genitori e lavorare si può. A patto che i redditi siano regolarmente dichiarati. Al Redditometro non sfugge nulla.

 

E’ sempre un dato da prendere con le molle quello che riguarda i giovani che scelgono di rimanere in famiglia anziché formarne una propria. La fatidica decisione sembra spostarsi sempre più in là, in proporzione ai mutamenti sociali.

Redditometro figli
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Le ragioni di una tale scelta possono essere diverse. Dal semplice timore di sganciarsi dai comfort genitoriali alla mancanza di una condizione lavorativa adeguata a mantenersi autonomamente. Tutto può incidere e tutto può modificare l’ambito della scelta. In alcuni casi, però, la decisione di continuare a vivere coi propri genitori può arrivare anche se autonomi ed economicamente indipendenti (anche potenzialmente). Una condizione non propriamente esente da controlli. Anzi, il Fisco è tutt’altro che indifferente a situazioni di questo tipo, dal momento che dal punto di vista reddituale tutto dovrà essere  regolarizzato. Anche perché, di fatto, il figlio contribuirà a tutti gli effetti al reddito dei genitori.

La lente del Fisco non è mai stata così attenta come in questo periodo. Nonostante le difficoltà economiche siano oggettive e il quadro complessivo ancora sconfortante sotto molti punti di vista. La lente di ingrandimento parla soprattutto il linguaggio del Redditometro, ovvero uno degli strumenti di controllo predisposti dall’Agenzia delle Entrate, introdotto con l’articolo 22 del Decreto Legge 78/2010. Nello specifico, come riporta la normativa, l’ente potrà procedere “alla ricostruzione del reddito di ciascun contribuente mettendo a confronto il reddito dichiarato con le spese effettuate nell’anno”. Niente di straordinario in realtà. Un modo per dire, però, che qualunque reddito contribuisca al cumulo verrà passato al setaccio.

Redditi familiari al setaccio, come funziona il Redditometro

Tre anni di interruzione. Ora, però, il Redditometro è tornato operativo per misurare i redditi familiari a partire dal periodo d’imposta 2016. L’obiettivo è individuare in modo quanto più preciso possibile la reale capacità contributiva dei cittadini. E, in caso di incongruenze, far scattare i controlli necessari per far quadrare i conti. Nello specifico, la verifica scatterebbe in caso di scostamento superiore al 20% fra redditi dichiarati e ricostruiti. Un controllo che beneficerà anche dell’Anagrafe fiscale sui conti correnti, con apporto sia delle informazioni sui saldi di inizio e fine anno, sia sui movimenti in entrata e in uscita. Oltre che, naturalmente, sulla giacenza media.

Verifiche sui redditi

In particolare, i cosiddetti redditi ricostruiti saranno un elemento di raffronto piuttosto indicativo. Nello scarto individuato fra entrate e uscite, verrà determinato il confronto fra il reddito dichiarato e la capacità di acquisto dei beni immobili. Dal raffronto verranno quindi selezionati quei contribuenti considerati maggiormente a rischio di evasione fiscale. E, in caso di verifiche più approfondite, anche i figli eventualmente presenti nel nucleo familiare saranno chiamati e dar conto della propria situazione reddituale. Questo perché le ragioni dello scostamento potrebbero derivare da eventuali redditi non dichiarati. Anche se, più probabilmente, tali scarti deriveranno da regali, risparmi o altri movimenti interni alla famiglia. In caso, però, tutto andrà dimostrato all’Agenzia delle Entrate.

Come precisa la normativa, “il figlio che lavora e vive con i suoi genitori” può contribuire alle spese della famiglia senza rischio di sanzioni e verifiche. Il problema è quando tali redditi derivano da lavoro in nero o non tassato. In pratica, dimostrando il proprio apporto tramite lavoro regolare, il Fisco non andrà più a bussare alla porta dei contribuenti. Dovesse saltare tale dimostrazione, quindi omessa dichiarazione, la multa sarà al 100% della maggiore imposta o differenza del credito. Con minimo di 258 euro.

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