Permessi 104 in caso di ricovero: quando l’Inps dà il suo benestare

Cerchiamo di capire se si possono ottenere i permessi 104 quando un familiare disabile è ricoverato presso una struttura ospedaliera

Si tratta di un caso che va analizzato accuratamente, visto che le esenzioni da lavoro vengono assegnate in base a situazioni specifiche.

Permessi 104
Fonte Adobe Stock

I permessi lavorativi derivanti dalla famosa legge 104 possono risultare piuttosto utili per chi deve prestare assistenza ad un familiare invalido. In questo modo possono assentarsi dal posto di lavoro senza però perdere la retribuzione.

Esistono però dei casi in cui l’Inps non dà il via libera a questa concessione. Nello specifico quando il familiare disabile è ricoverato a tempo pieno presso una struttura che fornisce assistenza stabile e continuativa. 

Permessi 104: cosa succede in caso di ricovero del parente disabile

Non si tratta però di una condizione così rigida. Può essere rimodulata in base al singolo caso. Le eccezioni però non sono molte, ed è bene conoscerle bene in modo tale da farsi trovare preparati in caso di necessità. Nel dettaglio ecco quali sono: 

  • Quando il ricovero permanente è interrotto in via temporanea perché il disabile deve recarsi momentaneamente fuori dalla struttura per attività specifiche come visite o terapie,
  • Nel caso in cui la persone affetta da disabilità si trovi in stato vegetativo o in fase terminale,
  • Quando la persona che necessita di cure è un minore d’età e il personale della struttura presso cui è ricoverato richiedano espressamente la presenza dei genitori o di un altro parente,
  • Se il centro presso il quale si trova il disabile non fornisca un’assistenza continuativa. 

In generale è bene rammentare che i permessi legge 104 sono previsti sia per il soggetto alle prese con patologie invalidanti, sia per i parenti. Secondo la disposizione possono svolgere questo compito i genitori (anche adottivi o affidatari), i coniugi (l’Inps recentemente ha deciso di concedere l’opportunità anche a quelli dell’unione civile), conviventi di fatto, parenti o affini entro il terzo grado. 

L’estensione a quest’ultimi è concessa solo nel caso in cui parenti più stretti non possano adempiere. Ad esempio quando i coniugi o i genitori abbiano compiuto 65 anni di età o siano anch’essi alle prese con questo genere di problematiche. 

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