Gas, la crisi è dentro casa: cosa fare se la Russia chiude i rubinetti

Il prezzo del gas continua a salire e l’Italia valuta alternative all’import dalla Russia. Le soluzioni ci sarebbero ma tutto dipende dal risparmio domestico.

 

La crisi del gas italiano parla (in buona parte) russo. E non è un mistero. Il nostro Paese vive perlopiù di import per quanto riguarda la fornitura e il 38% di quello che arriva nello Stivale viene proprio dalla Russia.

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Nel dibattito sui possibili scenari delle sanzioni contro Mosca, analisti ed economisti vari hanno messo il gas in cima alla lista dei settori potenzialmente più devastati. E non che le cose prima andassero meglio. Il rincaro sui costi delle utenze aveva riguardato principalmente il gas, portando le percentuali a toccare quasi il 50% in più rispetto ai prezzi precedenti. E se il Cremlino dovesse decidere di chiudere i famigerati rubinetti di metano, il contraccolpo sarebbe immediato. Putin, da parte sua, aveva fatto sapere che la guerra non avrebbe influito sulle relazioni energetiche con i Paesi occidentali. Ma questo era all’inizio, quando ancora si credeva che il leader russo avrebbe inteso ragione ed evitato un’invasione militare dell’Ucraina.

Ora lo scenario è radicalmente cambiato. E niente può essere dato per scontato. Europa e Stati Uniti non tornano indietro sul tema delle sanzioni, puntando all’isolazionismo economico della Russia come deterrente alla guerra. E, nelle ultime ore, da Mosca è arrivato un nuovo “avviso” alle potenze del Vecchio continente, alle quali è stato chiesto di “non inasprire ulteriormente le sanzioni”. Dichiarazioni arrivate praticamente in contemporanea alla presa, da parte dell’esercito russo, della centrale nucleare di Zaporizhzhia. La più grande d’Europa. Al contempo, da parte del presidente ucraino Zelensky arriva l’invito opposto: rafforzare le sanzioni per far desistere Mosca dal proseguire con l’offensiva militare.

Crisi del gas, le soluzioni dell’Italia per sopperire alla dipendenza russa

Qualunque sarà la deriva del conflitto iniziato dalla Russia, lo scacchiere europeo ne uscirà compromesso. Con l’Italia in prima fila a subire le conseguenze dell’ennesimo tentacolo della crisi economica. Il gas è una componente essenziale della vita del Paese, entrando ogni giorno nelle case dei cittadini e garantendo, specie in inverno, un supporto essenziale. I rincari sulle bollette avevano già gravato sui portafogli degli italiani e, ora, la possibilità che l’approvvigionamento dalla Russia venga meno potrebbe far schizzare i prezzi persino più in alto di quanto già non siano. Uno scenario da incubo, considerando che il solo annuncio delle sanzioni ha proiettato gli indici internazionali a livelli quasi mai visti. Il Governo italiano ha già discusso alcune alternative ma sembra che la vera soluzione debba passare dal risparmio nell’uso domestico.

Sul tavolo, soluzioni come la riapertura delle centrali del carbone o, più concretamente, l’affidamento a gasdotti provenienti da altre aree del mondo (Caucaso e Nord Africa in primis). Canali che dovranno garantire il consumo di circa 70-80 miliardi di metri cubi di gas l’anno e 18 miliardi di metri cubi di stoccaggio. Le problematiche non sembrano tanto nell’immediato, visto che le riserve stoccate dovrebbero bastare per quel che resta dell’inverno. In autunno, però, la parola d’ordine potrebbe essere riduzione. Dei consumi naturalmente. Abbassare il riscaldamento nelle abitazioni per risparmiare metano (con un solo grado in meno, il consumo sarebbe minore del 5%).

Con la temperatura di casa a un massimo di 18 gradi (quindi abbassando di 4 il consumo), i risparmi si attesterebbero a 5 miliardi di metri cubi. Una soluzione di più ampio respiro, come l’impianto di una caldaia a pompa di calore, richiederebbe almeno 10 anni per coprire tutto il Paese. Eppure, il risultato finale sarebbe notevole: risparmio di metano pari a 10 miliardi di metri cubi. Ossia un terzo rispetto all’import dalla Russia.

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