Contratto di lavoro indeterminato: una scelta che può cambiare la vita

Il contratto a tempo indeterminato è l’aspirazione di tanti giovani italiani. Scopriamo la legislazione vigente e le opportunità che offre.

Il contratto di lavoro a tempo indeterminato è la forma comune di rapporto di lavoro, vale a dire la tipologia contrattuale che dovrebbe essere utilizzata in genere per le assunzioni.

Contratto indeterminato

Contratto di lavoro a tempo indeterminato oggi

Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato costituisce un accordo tra due soggetti:

  • il lavoratore, persona fisica che si impegna a svolgere un’attività lavorativa alle dipendenze di un datore di lavoro
  • il datore di lavoro, che può essere una persona fisica, giuridica o un ente, che a sua volta si impegna a retribuire il lavoratore per le prestazioni svolte da quest’ultimo, nonché a versare i contributi previdenziali e assistenziali

Il contratto è detto “a tempo indeterminato” in quanto il datore di lavoro e il futuro lavoratore alle sue dipendenze si impegnano a intraprendere un rapporto di lavoro senza vincolo di durata. Questa caratteristica lo differenzia sostanzialmente dal contratto a tempo determinato, che invece prevede una durata limitata, con un’eventuale possibilità di proroga o di rinnovo.

Come gli altri tipi di contratto subordinato, viene generalmente regolato dai CCNL (Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro), che determinano le specifiche contrattuali delle singole categorie aziendali in Italia.

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Forma e contenuti del contratto di lavoro a tempo indeterminato

In generale, il contratto di lavoro a tempo indeterminato può essere stipulato in forma sia scritta che orale. Può essere stipulato anche tacitamente, quando un lavoratore svolge un’attività per un’altra persona che accetta tale attività.

Il contratto di lavoro a tempo indeterminato deve essere in linea di massima redatto in forma scritta e contiene gli estremi riguardanti il rapporto di lavoro:

  • mansioni e attività lavorative richieste
  • inquadramento (livello di inserimento e qualifica del lavoratore)
  • data di inizio del rapporto di lavoro (mentre non compare il termine, in funzione della natura del contratto)
  • periodicità e ammontare della retribuzione
  • luogo e orario di lavoro (giornaliero e settimanale)
  • ferie e permessi
  • eventuale periodo di prova
  • condizioni di preavviso in caso di recesso dal contratto

Orario di lavoro del contratto a tempo indeterminato

L’orario di lavoro dipende dal CCNL a cui il contratto fa riferimento. L’orario standard più utilizzato dalle aziende che erogano servizi (e che fanno capo al CCNL commercio) è di 40 ore settimanali.

Esiste anche la possibilità di lavorare part-time, con tre differenti tipologie di tempo parziale:

  • verticale: l’attività lavorativa è svolta a tempo pieno, ma solo per determinati periodi nel corso della settimana, del mese o dell’anno (ad esempio 8 ore per soli 4 giorni a settimana)
  • orizzontale: l’orario di lavoro giornaliero risulta inferiore all’orario normale (ad esempio solo 4 ore al giorno anziché 8)
  • misto: l’orario di lavoro combina le due modalità verticale e orizzontale (ad esempio 4 ore al giorno per una settimana una volta al mese).

Periodo di prova nel contratto di lavoro a tempo indeterminato

Il contratto di lavoro a tempo indeterminato può presentare un periodo di prova iniziale, funzionale a una verifica preliminare, da parte di entrambe le parti, della convenienza del rapporto di lavoro.

Ne consegue che non è possibile stipulare più patti di prova successivi tra le medesime parti e con le stesse mansioni, avendo il datore di lavoro già verificato le capacità professionali del dipendente, ad eccezione di alcuni casi particolari caratterizzati da nuove circostanze.

La durata del periodo di prova è stabilita dal CCNL di riferimento, con un decorso di massimo 6 mesi.

Il periodo di prova comunque deve essere formalizzato in una clausola scritta sottoscritta da entrambe le parti, in mancanza della quale l’assunzione si intende immediatamente definitiva.

Durante il periodo di prova il rapporto di lavoro può essere interrotto, senza oneri a carico e senza preavviso, sia dal lavoratore che dal datore di lavoro. Se nessuna parte esprime volontà di recedere dal contratto, la prova si ritiene automaticamente superata e il contratto prosegue come definitivo.

Recesso dal contratto di lavoro a tempo indeterminato con e senza preavviso: dimissioni e licenziamento

Oltre che con accordo delle parti, è possibile cessare il contratto di lavoro a tempo indeterminato con un atto di recesso, ossia con una comunicazione con la quale il recedente comunica la sua volontà all’altra parte.

Il recesso può essere con preavviso o senza preavviso:

  • Recesso con preavviso

Il preavviso consiste in un periodo di tempo individuato dal CCNL applicato, decorrente dalla comunicazione del recesso, che posticipa la data del termine del rapporto di lavoro.

Il preavviso ha l’obiettivo di attenuare il danno causato alla parte non recedente. In particolare: il preavviso a favore del datore di lavoratore ha la funzione di consentire a quest’ultimo di rimpiazzare il lavoratore recedente, il preavviso a favore del lavoratore ha invece la funzione di garantire la continuità del reddito durante la ricerca di un nuovo impiego.

La parte che ha diritto di ricevere il preavviso, peraltro, può rinunciarvi.

Nel caso in cui la parte recedente non dia il preavviso, questa è tenuta a corrispondere all’altra un’indennità sostitutiva.

  • Recesso senza preavviso

Oltre che con preavviso, è possibile recedere dal rapporto senza preavviso. Tale possibilità è legata a casistiche particolari, in particolare laddove vi sia una giusta causa, ossia una violazione o un comportamento di gravità tale da non consentire, nemmeno momentaneamente, la prosecuzione del rapporto di lavoro.

Il recesso può essere operato dal lavoratore (dimissioni) o dal datore di lavoro (licenziamento).

Dimissioni

Il lavoratore può rassegnare le proprie dimissioni senza dover fornire motivazioni, mentre il datore di lavoro può licenziare un dipendente a tempo indeterminato solo in alcuni casi specifici:

  • per giusta causa, quindi senza necessità di preavviso (cd. Licenziamento in tronco), vale a dire in caso di gravi azioni commesse dal dipendente che non consentano la prosecuzione del rapporto
  • per giustificato motivo oggettivo, ossia per motivi riguardanti l’attività produttiva o l’organizzazione del lavoro e il suo regolare funzionamento
  • per giustificato motivo soggettivo, ovvero a causa di un mancato adempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore, ma con un’entità di gravità minore rispetto alla giusta causa

Nei casi di licenziamento per giustificato motivo è dovuto il preavviso.

Dal 2016 è in vigore l’obbligo di formalizzare le dimissioni in via telematica sul portale www.cliclavoro.gov.it, anche per mezzo di soggetti terzi quali patronati, sindacati e consulenti del lavoro.

Il contratto di lavoro a tempo indeterminato dopo il Jobs Act

Dopo il Jobs Act si è tanto sentito parlare di “tutele crescenti”. Ma cos’è il contratto di lavoro a tutele crescenti?

Non si tratta di un nuovo contratto di lavoro, bensì di una nuova regolamentazione del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Nello specifico, il decreto legislativo ha introdotto una nuova disciplina sulle tutele nell’ambito dei licenziamenti illegittimi, riguardante i lavoratori assunti a partire dal giorno 7 marzo 2015, data di entrata in vigore del decreto legislativo attuativo del Jobs Act (D. Lgs 23/2015)

La denominazione “a tutele crescenti” è motivata dal rapporto tra la permanenza in azienda e la misura dell’indennità in caso di licenziamento da parte del datore di lavoro, che in questo caso è definito preventivamente dal contratto, con un criterio direttamente proporzionale.

Nello specifico, al lavoratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato spettano 2 mensilità per ogni anno di attività (con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mensilità), nel caso in cui il datore di lavoro decida di licenziare il dipendente. In questo caso, inoltre, lo Stato riconoscerà al neo-disoccupato l’indennità di disoccupazione Naspi.

Il reintegro nel posto di lavoro è ancora previsto in caso di licenziamento intimato dal datore di lavoro discriminatorio.

Nel corso del tempo, tuttavia, questa disciplina è stata modificata dal cd. Decreto dignità, D.L. 87/2018, in particolare per quanto riguarda la quantità di mensilità dovute in caso di licenziamento illegittimo, portate ad un minimo di 6 ad un massimo di 36 rispetto alle previgenti disposizioni, sia con successivo intervento della Corte Costituzionale.

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Guadagni: la media italiana di un contratto indeterminato

Lo stipendio medio per contratto in Italia è € 30 000 all’anno o € 15.38 all’ora. Le posizioni “entry level” percepiscono uno stipendio di € 24 000 all’anno, mentre i lavoratori con più esperienza guadagnano fino a € 45 000 all’anno.

La retribuzione è di norma fissata dal contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) in vigore per il tipo di attività oggetto del contratto tra lavoratore e datore di lavoro. Questi ultimi sono liberi di concordare una retribuzione maggiore, ma non inferiore, a quella prevista dal Ccnl.

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Ad oggi in Italia non esiste un salario minimo fissato per legge. Il lavoratore a tempo indeterminato percepisce la retribuzione su base mensile, per un numero di mensilità annue che dipende dal Ccnl (di solito sono 13). La retribuzione viene corrisposta anche nei periodi di ferie, malattia e indisponibilità coperta dalla legge (ad esempio assenza per maternità) del lavoratore.

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