Malattie infiammatorie, ecco quanto spetta di invalidità civile

Morbo di Crohn, neoplasie, rettocolite ulcerosa: malattie infiammatorie che compromettono seriamente lo stato di salute di chi ne soffre. E scatta l’invalidità.

 

Le condizioni patologiche che consentono l’accesso all’invalidità civile sono diverse. Anche se, tendenzialmente, si propende a inquadrare nel gruppo quelle solo apparentemente più serie.

Invalidità malattie infiammatorie
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Il punto è che anche con dei disturbi cronici o talmente frequenti da risultare invalidanti, si avrà diritto a percepire delle indennità specifiche. Fra questi figurano le cosiddette malattie infiammatorie, specie quelle legate all’apparato digerente. Le malattie croniche intestinali, ad esempio, concedono delle agevolazioni particolari in merito alle indennità previste per invalidità. Patologie come la malattia di Crohn (un’infiammazione cronica dell’intestino) o la rettocolite ulcerosa, oltre a portare dolorose conseguenze nel loro decorso ordinario, potrebbero rendere necessari dei particolari interventi chirurgici, in grado di destabilizzare o compromettere l’autonomia lavorativa dei soggetti che li subiscono.

Senza contare che la Crohn e altre patologie simili possono provocare delle sintomatologie persistenti e fortemente debilitanti. Alcune delle quali possono portare a ulteriori conseguenze, persino sul piano psichiatrico. Per questo un quadro così complicato comporta delle indennità ad hoc. La percentuale di invalidità attribuita per tali malattie infiammatorie è piuttosto elevata. E, di conseguenza, le agevolazioni economiche e lavorative sono proporzionate non solo alla gravità della patologia in sé ma anche alle conseguenze che comporta per l’attività.

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Invalidità per malattie infiammatorie: a cosa si ha diritto

Malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa vengono inquadrate all’interno delle tabelle di riferimento dell’Inps. Nel primo caso, la patologia prevede quattro classi, ordinate in base alla gravità delle condizioni manifestate. Il secondo, invece, riduce le classi a due ma vi è comunque la convergenza sulla percentuale di invalidità: entrambe, infatti, toccano un massimo compreso fra il 61% e il 70%, a seconda delle sintomatologie e degli effetti cronici. Ad esempio, nel novero delle percentuali più alte figurano coloro che soffrono di gravi alterazione della funzione digestiva, anemia, disturbi nel transito intestinale, perdita di peso e continuati trattamenti farmacologici. In sostanza, le conseguenze della malattia infiammatoria non si avrebbero solo sul piano lavorativo ma anche sullo scorrere della vita quotidiana.

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Cistectomia e colite ulcerosa conferiscono ugualmente percentuali di invalidità che vanno dal 60% al 70% (esclusivamente la seconda). A riprova di come anche questo tipo di patologie possano portare conseguenze tali sullo stato fisico (e alla lunga psico-fisico) di chi ne soffre da determinare l’accesso alle agevolazioni previste per le percentuali di invalidità correlate. Percentuali che andrebbero a ridosso o pari al 100% in caso di neoplasie: qualora fossero a prognosi favorevole ma con grave compromissione funzionale, ci si attesterebbe al 70% fisso. In caso di prognosi sfavorevole o infausta, al netto di asportazioni chirurgiche, scatterebbe l’invalidità massima.

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