Lavorare nella scienza, ora puoi fare soldi e carriera: ma occhio ai requisiti

Quella di lavorare nella scienza è sempre un’ottima scelta. A patto di avere i giusti requisiti, volontà e determinazione. Gli interessanti dati offerti dal report Anpal-Unioncamere.

Lavorare nella scienza

Lavorare nella scienza non passa mai di moda. Specialmente ciò vale nei tempi odierni, in cui il progresso scientifico e tecnologico è un tratto distintivo della società.

Possedere una laurea in ambito scientifico o tecnico consente di avere un buon numero di chance di trovare lavoro stabile dopo il percorso di studi accademico. Ciò vale soprattutto se paragoniamo il tasso di occupazione dei laureati, ad esempio, in ingegneria rispetto a coloro che hanno conseguito una laurea umanistica.

In effetti, nel mercato del lavoro odierno sono tante le ricerche di specialisti nei vari ambiti e rami tecnico-scientifici. Dalle aziende di dimensioni minori fino alle multinazionali più prestigiose, le figure laureate in matematica, biologia, ingegneria e altre discipline tecniche sono molto richieste. E’ vero che laurearsi in questi campi non è oggettivamente facile. Si tratta di percorsi impegnativi, lunghi, con molti esami da sostenere. E che sono completati da un numero relativamente ridotto di giovani. Ma è pur vero che conseguire la laurea può consentire di dare una svolta alla propria vita.

Ecco perché appare opportuno parlare di come lavorare nella scienza. Ossia di quali sono i percorsi che consentono di formarsi, e di svolgere una professione scientifica con un contratto di lavoro stabile. Lo faremo di seguito, in questa sintetica guida pratica.

Lavorare nella scienza: il contesto e le lauree STEM

Lavorare nella scienza significa comprendere in quale preciso contesto il giovane che ha conseguito la laurea, andrà ad operare.

Ebbene, il settore scientifico include una varietà di discipline. Ci sono matematica, fisica, chimica, biologia (facenti parte del gruppo delle cosiddette “STEM”), ma anche le scienze sociali.

Si tratta di un ambito ricco di specializzazioni e differenze tra i vari rami. Pensiamo ad aree quali la biologia, l’ecologia, l’economia politica, la botanica, la genetica, l’ingegneria informatica, la fisica, l’antropologia culturale, l’economia politica e non solo.

Proprio dell’acronimo STEM si sente spesso parlare. Specialmente coloro che intendono iscriversi all’università per lavorare nella scienza, si inseriscono in un percorso di studi di tipo STEM. Che significa in concreto? Ebbene, l’acronimo STEM vuol dire significa letteralmente Science, Technology, Engineering e Mathematics.

Detta sigla, in italiano anche nella versione STIM – in cui “I” è l’abbreviazione di ingegneria – sta ad indicare tutto il gruppo delle discipline scientifico-tecnologiche, e i collegati campi di studio. Da notare che il termine STEM, in origine SMET, fu inventato negli USA agli inizi degli anni 2000. Il concetto nacque nella finalità di individuare una serie di discipline che servono all’innovazione ed alla crescita di un paese.

Il termine divenne ben presto di uso comune a livello scolastico e universitario, ed anzi costituì in breve tempo la matrice per l’adeguamento dei corsi di formazione universitari, anche in prospettiva dell’ingresso nel mercato del lavoro.

A distanza di oltre vent’anni, nel rapporto sul Profilo e sulla Condizione Occupazionale dei laureati che è periodicamente redatto da Almalaurea, le performance universitarie e gli esiti occupazionali dei laureati STEM sono confrontate con quelle dei percorsi non STEM e sono osservate, in particolare, ponendo l’attenzione sulle maggiori differenze per genere e per gruppo disciplinare.

Gli esiti delle indagini effettuate da Almalaurea in modo costante, ci confermano che oggi ottenere un titolo di studio in ambito scientifico, significa avere mediamente più chance di inserimento professionale rispetto a chi si laurea in altri settori.

Lavorare nella scienza: tante di professioni a servizio della società e dell’ambiente

Chiunque intenda lavorare nella scienza deve sapere che gli scienziati e i tecnici del settore scientifico si occupano soprattutto di studiare e fare ricerca, e sfruttano poi i risultati della ricerca per dare contributi positivi all’economia e alla società. Pensiamo all’attività di coloro che sono laureati in medicina o biologia e lavorano come ricercatori. I risultati conseguiti molto spesso rappresentano un beneficio per l’intera collettività.

Infatti, in virtù delle attività di ricerca e sviluppo condotte da chimici, biologi, fisici, matematici, psicologi, economisti e altre figure professionali, ogni anno sono registrati nuovi brevetti. Essi consentono all’industria e al mondo imprenditoriale con connessioni con quello scientifico, di concretizzare tecnologie e applicazioni che hanno un impatto positivo sulla vita, la salute e l’ambiente.

Per fare un esempio pratico, è chiaro che le scoperte scientifiche possono aiutare a migliorare la diagnosi e la cura delle malattie, le tecniche di produzione e conservazione dell’energia, e possono contribuire a sostenere l’agricoltura e la produzione alimentare. Non solo. Lavorare nella scienza significa ridurre l’impatto delle attività umane su ciò che ci circonda e a comprendere meglio le dinamiche sociali e, dunque, i tempi odierni.

Lavorare nella scienza: l’importanza della laurea e del CV

Va da sé che poter lavorare in ambito scientifico la laurea è quasi indispensabile: si tratta infatti di comprendere e maneggiare nozioni per cui non basta la preparazione scolastica o di qualche breve corso di formazione. Si tratta di percorsi universitari pluriennali e ricchi di esami, in cui la passione e la forza di volontà rappresentano requisiti essenziali per poter andare avanti e non fermarsi alle prime difficoltà.

Ma è vero che oltre a chi fa ricerca e/o svolge funzioni di ambito tecnico e specialistico, nel settore scientifico sono occupati anche altri professionisti impegnati in diverse attività di supporto. Ci riferiamo ad es. ai tecnici di laboratorio e agli assistenti, agli addetti alla commercializzazione dei risultati della ricerca, ma anche al personale con funzioni di tipo amministrativo-contabile.

Talvolta vi sono opportunità di lavoro per diplomati, possibilmente con esperienza lavorativa, ma lo ribadiamo: la laurea è un requisito spesso basilare per poter lavorare nella scienza.

E non possiamo tralasciare l’importanza di un altro documento, oltre al diploma di laurea. Ci riferiamo al CV, il quale deve essere redatto in modo ordinato, razionale, grammaticalmente corretto e deve contenere tutto ciò che serve ad inquadrare il candidato ad un’offerta di lavoro, sul piano del percorso di studio e professionale, delle conoscenze informatiche e linguistiche e delle soft skills. Nulla va lasciato al caso, se si intende lavorare nella scienza.

Lavorare nella scienza: quali competenze sono richieste?

Lo abbiamo accennato: anche nell’ambito scientifico, come in vari altri settori, le maggiori opportunità sono per i lavoratori più formati e qualificati. Ma quali sono di fatto le capacità e le competenze che deve dimostrare di avere una persona che vuole lavorare nella scienza? Eccole di seguito in sintesi:

Capacità di analisi dei dati e di numeri

Tutte le professioni di ambito scientifico sono focalizzate sulla ricerca e sull’analisi dei dati e dei numeri, ovviamente servendosi della lingua fondamentale della scienza, vale a dire la matematica.

Pertanto, non vi sono dubbi: la capacità di analizzare i dati (e i big data), di catalogarli, organizzarli razionalmente e interpretarli è dunque obbligatoria per la carriera in tutti gli ambiti scientifici, sia nella ricerca che in ambito aziendale e delle grandi multinazionali.

D’altronde non può che essere così: oggi quasi ogni decisione e attività aziendale fa affidamento sui dati e deriva da razionale processo decisionale. Occorre peraltro saper analizzare i dati e i numeri in modo rapido, perché non di rado la tempestività nelle decisioni è fondamentale per il successo di un’attività e di un’azienda.

Competenza nell’uso di strumenti scientifici

Tutti coloro che intendono lavorare in ambito scientifico hanno quotidianamente a che fare con strumenti anche molto avanzati e tecnologici, che servono appunto a poter svolgere ricerche e analisi dati. Ci si riferisce, ad esempio, ai  microscopi, agli acceleratori di particelle ed ai comuni pc, ed ovviamente rileva anche tutta la strumentazione di laboratorio.

Si tratta di strumenti fondamentali, in quanto si prestano ad una pluralità di utilizzi. Pensiamo ai test di laboratorio e ai complessi calcoli a volte indispensabili in alcune ricerche.

Non vi sono dubbi: tra le abilità richieste per lavorare nella scienza, vi è anche quella legata al possesso di una conoscenza approfondita della strumentazione scientifica, tale da consentire di utilizzarla con efficacia, in tutte le sue potenzialità tecniche. Pertanto lavorare nella scienza, non implica soltanto di padroneggiare i concetti della teoria, ma anche di saper usare strumenti e macchinari funzionali alla propria attività quotidiana.

Capacità di problem solving

L’espressione problem solving può essere tradotta in italiano come la capacità di risolvere problemi, che non si sono mai presentati in precedenza. Si tratta di un’abilità o competenza che non ha rilievo soltanto in chi intende lavorare nella scienza, ma per la generalità delle professioni. Tuttavia, è proprio nel campo scientifico che detta capacità assume rilievo primario, basandosi su 5 punti fondamentali:

  • identificazione del problema;
  • costruzione di alternative;
  • valutazione;
  • implementazione della risoluzione;

Avere comprovate doti di problem solving può fare la differenza in molte circostanze, e specialmente in campi come quelli scientifici, dove le novità sono all’ordine del giorno e gli imprevisti non sono affatto rari.

Capacità di lavoro in team

Anche questa è un’abilità spesso richiesta per lavorare efficacemente, ma nel mondo della scienza conta ancora di più. Detta capacità permette di essere abile nel lavoro di squadra e dunque significa essere una persona collaborativa, aperta al dialogo e allo scambio di opinioni. Chi è abile nel lavoro in team sa confrontarsi con il collega, ma è anche disponibile e capace di aiutare il proprio team tutte le volte si riveli opportuno farlo.

Pertanto saper lavorare in team significa possedere doti di pazienza, cortesia ed empatia. Ma le capacità di team working di manifestano anche nel saper chiedere aiuto, agendo in coordinamento con gli altri elementi del team. Chi sa lavorare in team non si concentra sulla soluzione di un problema o sulla realizzazione, pensando di fare tutto da solo. Si relaziona agli altri, per la ricerca della miglior soluzione possibile.

Detta capacità si rivela cruciale proprio negli ambienti di lavoro della scienza: pensiamo ad es. alle attività di ricerca di un laboratorio di biologi, oppure ad un articolato progetto portato avanti da un team di ingegneri di un’industria automobilistica. Tutti hanno precisi compiti di ricerca, studio e sviluppo e debbono collaborare con gli altri – il team appunto – per il buon esito del lavoro di squadra.

Conoscenza delle lingue straniere

Certamente si tratta di un’abilità non strettamente connessa ad un percorso di studi e formazione in ambito tecnico/scientifico, ma aiuta moltissimo nell’attività lavorativa quotidiana. Stiamo parlando delle conoscenze linguistiche, a partire dall’inglese.

Lavorare in un laboratorio con colleghi di differenti nazionalità, oppure in un’industria con ingegneri provenienti dall’Asia o dall’America significa dover comunicare giornalmente con essi, per condividere idee, opinioni e, dunque, per portare avanti un determinato progetto, studio o ricerca. Conoscere quanto meno l’inglese – oltre alla lingua italiana – si rivela dunque un altro elemento chiave per poter lavorare nella scienza, quanto meno negli ambienti di ‘respiro internazionale’. Pensiamo ad es. alle grandi multinazionali, in cui solitamente la lingua aziendale è proprio l’inglese.

Abilità di project management

Per chi aspira a ruoli apicali e non soltanto a lavorare nella scienza, è assai importante anche l’abilità di project management. Quest’ultima si può intendere come la capacità di pianificare, coordinare e controllare le complesse attività dei moderni progetti industriali e commerciali. Si tratta insomma di doti tipiche di un manager e di chi sa gestire un progetto in tutti gli aspetti tecnici e scientifici.

Pertanto, non deve stupire che i progetti guidati da uno scienziato che è anche un buon project manager sono gestiti in maniera più efficiente, hanno maggiori probabilità di successo e migliori chances di trovare fondi e finanziamenti per il futuro.

Non solo. Per un ricercatore, anche giovane, avere altresì competenze in project management è un grosso punto a favore all’interno del proprio CV, che aumenta in modo significativo le possibilità di carriera e la possibilità di firmare contratti con un ottimo stipendio.

Scienza: quali sono i settori aziendali che offrono più chance?

Coloro che lavorano nella scienza sono ricercatori e tecnici, frequentemente impiegati nell’industria e presso grandi multinazionali. Pensiamo ai big dell’industria farmaceutica come Bayer o Pfizer, per esempio. In questi ambienti, le mansioni quotidiane implicano appunto la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie.

Ma chi lavora nella scienza non di rado lavora anche nelle università e negli istituti di ricerca. Negli atenei anche stranieri, in particolare, c’è possibilità di insegnare, e ciò rappresenta un ulteriore sbocco lavorativo per chi svolge un percorso di studio e formazione in ambito scientifico.

Tutti coloro che intendono lavorare nella scienza debbono sapere che le aziende finanziano soprattutto la ricerca applicata e lo sviluppo sperimentale, invece la ricerca di base è condotta soprattutto negli atenei e nei centri di ricerca pubblici o privati.

Tra le imprese, quelle che più investono nello sviluppo e dunque quelle che offrono più chance di inserimento professionale, sono quelle appartenenti ai settori della tecnologia dell’informazione e della comunicazione, chimico-farmaceutico e della salute, al settore automobilistico e a quello energetico, al settore dell’aerospazio e della difesa. Iscriversi ad un corso di laurea, ad esempio, in ingegneria informatica o meccanica è dunque sempre un ottimo investimento per il proprio futuro professionale.

Da notare inoltre che i laureati in ambito scientifico e scienze sociali lavorano frequentemente anche nelle scuole, in cui si occupano dell’insegnamento, ma è altrettanto vero che possono trovare un’occupazione stabile anche in laboratori di analisi, enti pubblici e agenzie  governative, società di consulenza, organizzazioni internazionali. E’ del tutto chiaro, dunque, che lavorare nella scienza è possibile in tantissimi campi e presso diversissime realtà. E studiare nell’ambito consente sicuramente di arricchire e rafforzare il proprio CV in maniera non indifferente.

Il report Anpal-Unioncamere sul fabbisogno occupazionale

In tema di professioni tecniche e scientifiche, è interessante considerare il quadro tracciato da Anpal-Unioncamere in un recente report. Ebbene, emerge che il fabbisogno occupazionale entro il 2024 sarà di circa 245.000 unità tra gli specialisti della formazione e della ricerca. Secondo gradino del podio per le professioni tecniche nel settore delle scienze della salute e della vita, ossia circa 213mila unità.

Lo studio di Anpal-Unioncamere appare assai interessante e conferma la tendenza degli ultimi anni, la quale vede le lauree scientifiche e tecniche come quelle che offrono, almeno sulla carta, maggiori opportunità di inserimento professionale. Lo studio ha di fatto stimato il fabbisogno di laureati nel quinquennio prossimo e ha indicato la spendibilità dei vari diplomi sui distinti settori del mercato del lavoro.

E’ noto peraltro che i prossimi anni dovranno rappresentare la svolta per l’Italia: in gioco c’è l’attuazione del PNRR italiano, il varo di riforme strutturali rimandate per troppi anni e l’assegnazione degli aiuti economici da parte dell’Unione Europea.

Lavorare nella scienza: l’importanza del titolo di studio

Chiaro che chi intende lavorare nell’ambito, si potrebbe domandare quali sono in concreto i titoli di studio in campo scientifico necessari al sistema Paese – almeno secondo il report Anpal-Unioncamere. Ebbene, emerge che l’Unione delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e l’Agenzia per le Politiche Attive del Lavoro hanno fatto una serie di ipotesi di scenario.

Avendo come riferimento il quinquennio 2020-2024, compreso l’anno pandemico e dunque lo choc sul piano dell’andamento del Pil generale e dei Pil settoriali prevedibili, lo studio prevede che:

  • il 69% del fabbisogno occupazionale dovrebbe essere costituito da laureati e diplomati – con una quota particolarmente alta, richiesta dal settore pubblico e corrispondente al 92%;
  • Il 26% sarà costituito dal personale con qualifica professionale (quasi esclusivamente destinato ai settori privati);
  • Il rimanente 5% di fabbisogno di personale sarà occupato senza bisogno di una particolare qualifica o titolo di studio.

Come accennato in precedenza, il possesso di adeguata formazione, possibilmente di tipo accademico, rappresenta e rappresenterà anche nei prossimi anni, un biglietto da visita in grado di rafforzare enormemente la propria candidatura per un lavoro in ambito tecnico-scientifico.

Quinquennio 2020-2024: quali sono le lauree più richieste?

In base a quanto rilevato nel report Anpal-Unioncamere, tra il 2020 e il 2024 il mercato del lavoro italiano ricercherà più di 898.000 laureati, corrispondente al 34% della domanda di occupati del quinquennio. Tra i principali indirizzi universitari che saranno richiesti vi sono i seguenti:

  • indirizzo medico-paramedico, necessarie circa 173.000 unità;
  • indirizzo economico, necessarie circa 119.000 unità;
  • aree delle professioni ingegneristiche, necessarie circa 117.000 unità;
  • insegnamento e formazione, richieste circa 104.000 unità comprendendo scienze motorie;
  • area giuridica, richieste circa 88.000 unità.

Interessante notare che il confronto tra domanda e offerta di neo-laureati evidenzia per il quinquennio in oggetto, potenziali situazioni di carenza nell’offerta di persone formate, per quanto riguarda l’indirizzo medico-sanitario.

Mancano l’offerta di figure medico-sanitarie

Nel report Anpal-Unioncamere sulle richieste del mercato del lavoro e le possibilità di lavorare in ambito scientifico, gli autori infatti mostrano che, a livello nazionale, vi sono situazioni di deficit nell’offerta di competenze medico-sanitarie. Circa 13.500 figure mancanti in media rispetto ai 21mila laureati ogni anno, per giungere alla soglia minima di 34.600. Insomma, se è vero che il mondo scientifico è sempre alla ricerca di nuove risorse, è altrettanto vero che talvolta fa fatica a trovarle in numero sufficiente, e debitamente formate.

Discorso completamente diverso negli ambiti come quello politico-sociale o linguistico. Infatti in tali settori, vi è un’eccedenza, la quale peraltro non si scopre oggi ma è una tendenza consolidata da diversi anni in Italia.

Psicologia, chimica, farmaceutica, matematica. Lo scenario Anpal-Unioncamere

L’analisi offerta dal report Anpal-Unioncamere appare interessante perché consente di effettuare delle previsioni per i prossimi anni, che di certo sono di orientamento per chi intende lavorare nella scienza.

Ebbene, per quanto riguarda la psicologia, il citato documento evidenzia che sono necessari 28.500 professionisti nel prossimo quinquennio, con una media annua di 5.700 unità e un’offerta di neolaureati odierna che copre ampiamente la domanda, essendo pari a circa 7.400 neolaureati. Pertanto per coloro che intendono laurearsi in psicologia non mancherà la concorrenza, ma neanche le possibilità di impiego.

Segnali positivi anche per chimica e farmaceutica, aree in cui le università italiane ogni anno giorni ‘sfornano’ circa 5.600 neolaureati, con un mercato del lavoro che ne assorbirà quasi i due terzi, per arrivare a un fabbisogno di 17.700 totali.

Simile proporzione nel settore del geo-biologico e delle biotecnologie, che ogni anno assumeranno circa 3.800 nuovi addetti ad alta professionalità su un bacino potenziale di circa 7.300 unità.

Ma con tutta probabilità è nella matematica e nella fisica che vi saranno le maggiori probabilità di trovare un impiego. Infatti, si stima che alla fine dei prossimi cinque anni saranno necessari più di 34.100 nuovi inserimenti. Una media di circa 6.800 all’anno, ma ogni anno ci sono circa 5.200 persone formate.

Lavorare nella scienza: opportunità sicure in campo ambientale ed energetico

Negli ultimi tempi, i temi dell’energia e dell’ambiente sono diventati primari e strategici per la politica italiana e per quella internazionale. Allora non deve stupire che il futuro delle professioni scientifiche in questi campi sia roseo, almeno da quanto si può notare nel report Anpal-Unioncamere.

D’altronde la salute del pianeta non è ottima e urgono progetti, strategie e vere e proprie rivoluzioni, atte a riconsiderare completamente il rapporto tra l’uomo e l’ambiente e tra l’uomo e le fonti di energia.

Per quanto riguarda le professioni scientifiche dei settori considerati, si stima che tra il 2020 e il 2024 per 1,6 milioni di occupati sarà richiesta dalle aziende un’attitudine al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale e per circa 978.000 lavoratori sarà necessaria con importanza spiccata. Si tratta di previsioni che potrebbero davvero non essere lontane da quella che sarà la realtà tra alcuni anni, e – proprio grazie ad esse – è possibile sostenere che almeno fino al 2024 si registrerà un vero e proprio boom per il campo energetico-ambientale.

La questione anzianità

C’è anche un altro elemento molto interessante, che ha a che fare con il sistema pensionistico. Infatti, la diversa anzianità degli occupati nei settori considerati, così come le conseguenze dei provvedimenti in ambito previdenziale, come quello relativo a “quota 100”, condurranno alla necessità di un ricambio generazionale, un turn-over non troppo marcato ma comunque presente.

Proprio il citato ricambio generazionale sarà vantaggioso per i giovani formati, che intendono lavorare nella scienza e che dunque avranno maggiori opportunità occupazionali. Ma sarà anche un’occasione per le aziende, in quanto entreranno nuove risorse con competenze perfettamente al passo con i tempi.

Nel report si legge infatti che il turn-over sarà per i datori di lavoro un modo per avere “un upskilling delle risorse umane delle imprese, in parte già in atto e in parte prevedibile soprattutto in alcuni settori dell’economia privata e anche nella pubblica amministrazione”.

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Lavorare nella scienza: il ruolo del PNRR

Proprio la PA avrà un ruolo chiave nell’assunzione di chi intende lavorare in ambito tecnico. Anzi la Pubblica Amministrazione avrà il ruolo di trainare il fabbisogno occupazionale e di incidere maggiormente sul fabbisogno complessivo dei prossimi anni, molto più che nel recente passato.

Ciò emerge dal report di Anpal-Unioncamere. L’attuazione del PNRR implica l’assunzione di migliaia di nuove figure in ambito pubblico, pur con contratto a tempo determinato. Anche questa è un’occasione da tenere d’occhio da parte, ad esempio, dei numerosi giovani laureati in economia e ingegneria.

Concludendo, appare dunque chiaro che le opportunità di lavoro, per chi intende lavorare nella scienza, non mancano e non mancheranno di certo da qui ai prossimi anni. D’altronde la vivacità del mercato del lavoro del settore va di pari passo con l’evoluzione scientifica e tecnologica, ogni giorno sempre più marcata.

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