Contratto di lavoro a chiamata, non è per tutti: ecco come funziona davvero

Tra le tante forme di lavoro subordinato, c’è anche il contratto di lavoro a chiamata. Ma cosa significa? Ecco come funziona e a chi si rivolge.

contratto di lavoro a chiamata

Siamo ormai a ridosso delle festività natalizie e molte aziende cercano personale, anche all’ultimo minuto, per sopperire al maggior lavoro, magari dato proprio dalla “corsa agli acquisti”. Molti settori comunque, e non solo quello del commercio, impiegano risorse con trattamenti lavorativi di tipo diverso, in base proprio alle esigenze del momento. Il contratto a tempo indeterminato è certo quello più ambito. Ma anche un contratto a termine può sempre fare comodo– e magari è solo il preludio al rapporto lavorativo definitivo. Ma tantissime aziende usano assumere dipendenti con il contratto di lavoro a chiamata. In cosa si distingue dagli altri? Conviene sempre accettare? Ecco tutto quello da sapere su questo tipo di assunzione.

Quando nasce il contratto di lavoro a chiamata

Questo tipo di rapporto contrattuale tra datore di lavoro e dipendente viene introdotto in Italia nel 2003, prendendo spunto da una consuetudine prevalentemente anglosassone e nord europea; lo scopo era ed è quello di regolarizzare rapporti di lavoro sporadici che possono intercorrere tra azienda e dipendente per vari motivi. Il contratto è infatti anche chiamato job on call, o contratto intermittente. I settori per cui si è sentita la necessità di intervenire sono ovviamente quelli del turismo, dello spettacolo e dei pubblici esercizi, anche se questo tipo di contratto può essere attivato in altri comparti.

Si tratta ad ogni modo di un contratto di lavoro vero e proprio, che nel corso di questi anni ha subito anche variazioni e persino un’abrogazione nel 2007, annullata poi l’anno successivo. Ad oggi la regolamentazione del contratto a chiamata è contenuta all’interno del DLgs 81/2015.

Chi può accedere al contratto di lavoro a chiamata

La regolamentazione di questo contratto è purtroppo soggetta a limitazioni, e non mancano riferimenti normativi risalenti addirittura agli anni ‘20 del secolo scorso. Un’azienda può proporre il contratto a lavoratori al di sotto dei 24 anni (e purché la mansione si interrompa al compimento del venticinquesimo anno di età) e a quelli superiori a 55; anche i pensionati, quindi, possono essere assunti con questa formula. Inoltre la Legge non vieta di contrarre più impegni di questo tipo, purché le mansioni/orari e disponibilità non vadano in conflitto tra loro. Oltre al requisito soggettivo dell’età però, vi è anche il requisito oggettivo: in pratica, l’azienda può stipulare un contratto a chiamata per far svolgere determinate mansioni come ad esempio l’attività di custode/guardiano, magazzinieri, camerieri di sala e al piano in hotel e ristoranti eccetera.

Come funziona il contratto di lavoro a chiamata?

Le parti coinvolte nella stipula del contratto – ovvero azienda e dipendente – concordano la mansione e la disponibilità in giorni e orari talvolta prestabiliti e talvolta no. A seconda del tipo di contratto, c’è anche la possibilità di stabilire una “garanzia di chiamata”, ovvero l’obbligo o  la libertà di accettare o meno la mansione proposta dal datore di lavoro. Nell’accordo di lavoro a chiamata, inoltre, siccome è regolare come tutti gli altri tipi di contratto di lavoro, devono essere specificate correttamente tutte le modalità di applicazione dello stesso: la durata, la causale (oggettiva o soggettiva), il luogo di lavoro, il trattamento economico eccetera.

Quanto può durare un contratto di lavoro intermittente?

Per essere regolare, il contratto a chiamata deve rispettare un preciso requisito: il numero di giorni effettivamente lavorati non deve superare i 400 nell’arco di un triennio. Se si supera questo limite, il datore di lavoro è obbligato ad assumere il dipendente a tempo pieno e con formula a tempo indeterminato. Purtroppo per alcune categorie – turismo, pubblici esercizi e spettacolo – questa regola non vale. E sono i comparti in cui questo tipo di contratto viene largamente utilizzato.

Ma c’è una buona notizia. Il contratto di lavoro a chiamata, sebbene venga quasi sempre utilizzato come accordo temporaneo, può essere anche a tempo indeterminato. Bisogna specificare però, che nel caso di contratto a chiamata a tempo determinato non vengono applicate le medesime condizioni di quello “classico”: ovvero non sono previste tutte quelle limitazioni come ad esempio lo “stop and go” tra un contratto e l’altro o l’obbligatorietà della causale.

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Il trattamento del contratto di lavoro a chiamata

Abbiamo compreso che il contratto intermittente è molto simile al contratto di lavoro a tempo determinato. A livello normativo, infatti, il lavoratore a chiamata è considerato al pari di quello di un contratto classico che termina dopo un tot di tempo. Di conseguenza anche il trattamento economico è equivalente, ovviamente in base alla categoria cui viene applicato. Il principio di non discriminazione è espresso proprio nell’articolo 81 del Decreto Legislativo che norma il contratto intermittente. I diritti, dunque, sono i medesimi.

La comunicazione alle sedi competenti

Anche la trasmissione – ormai prevalentemente telematica – dell’inizio del rapporto di lavoro con un contratto a chiamata è espletata come per gli altri tipi di contratti. Prima dell’inizio della prestazione il datore di lavoro invia una comunicazione all’Ispettorato del lavoro del territorio di riferimento.

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