Clamorosa truffa dei gettoni d’oro: la somma dei danni è da capogiro

Citati in giudizio due ex dirigenti della Zecca, sospettati di truffa ai danni della Rai per oltre mezzo milione di euro. Tutto parte dai gettoni d’oro.

Truffa gettoni d'oro
Foto © AdobeStock

Teoricamente erano destinate ai premi dei quiz televisivi della Rai. Tuttavia, pare che quelle monete d’oro fossero solo coniate in modo fittizio, al fine di ottenere premi retributivi. Questa l’accusa mossa contro due ex dirigenti della Zecca dello Stato, citati a giudizio perché sospettati di aver truffato la rete nazionale per un totale di oltre mezzo milione di euro. Ben 733.159 euro per la precisione. Una somma enorme, che ha portato i due direttamente dinnanzi alla Corte dei Conti del Lazio. I fatti contestati riguardano quindi una presunta truffa dei gettoni d’oro, ben 6.368, i quali sarebbero stati coniati fintamente a favore di quei concorrenti che, dopo aver vinto il quiz televisivo, sceglievano di ottenere il premio in denaro contante.

Un espediente che, sempre secondo l’accusa, avrebbe permesso ai due indagati di millantare un risparmio aziendale, assicurandosi personalmente i premi retributivi. Una situazione che ha attirato l’attenzione della Guardia di Finanza, in particolare il nucleo di Polizia economico-finanziaria, che ha svolto accertamenti a seguito dell’ottenimento, da parte dei due, del massimo punteggio in termini di premi produttivi. Un risultato che, secondo le fiamme gialle, sarebbe stato ottenuto anche in virtù del comportamento illecito.

La truffa dei gettoni d’oro: cosa prevede la legislazione

Il punto è che la normativa sui giochi a premi, in realtà, vieta l’erogazione di vincite in denaro in tali circostanze. Secondo quanto disposto dal Decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 2001, il Poligrafico deve coniare i gettoni per poi consegnarli. Unica eccezione per ritirarli in cambio del controvalore di denaro, la volontà dei vincitori di rivendere i gettoni dopo la consegna. La coniazione degli stessi avviene tramite la Zecca in ottemperanza a un obbligo stipulato nell’accordo del 2013 con la società di Viale Mazzini a fronte di un corrispettivo. La coniazione è con titolo aureo AU 999,9, da consegnare ai concorrenti vincitori. Nell’ambito dello stesso contratto, è disposto l’obbligo del riacquisto da parte della Zecca qualora, appunto, il concorrente decida di ottenere il premio in denaro.

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L’accusa formulata riguarda delle spese di conio poste illegittimamente, così come spese di trasporto per importi ritenuti rilevanti. Inoltre, si evidenzierebbero “evidenti profili di frode in pubbliche forniture e di truffa”. I soggetti in questione, secondo i pm, sarebbero responsabili di una simulazione “a mezzo di artifici consistenti nella predisposizione di documentazione fittizia” del riacquisto di 6.398 gettoni. I quali, in realtà, non erano mai stati coniati né tantomeno consegnati. Inoltre, per la loro produzione non sarebbe mai nemmeno stato comprato l’oro necessario. Da qui, la richiesta di risarcimento per oltre 700 mila euro formulata dall’accusa, ovvero il totale delle spese che la Zecca non ha mai sostenuto. Richiesto, inoltre, la restituzione alla stessa di 21.675 euro per i premi indebitamente percepiti.

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