Conto corrente, sentenza della Cassazione: ecco quando scatta la confisca

I giudici della Corte Suprema fissano paletti importanti sulla confisca del denaro nell’ambito di un’indagine. Ecco il caso in esame.

Conto corrente confisca
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Una decisione importante quella che arriva dai giudici della Corte di Cassazione, che fissano nuovi paletti per quanto riguarda le operazioni di confisca su conto corrente. Le Sezioni unite penali hanno infatti determinato, con la sentenza n. 42415 del 18 novembre, quali casi possono determinare tale prerogativa, specie in relazione a un’indagine su presunte provenienze illecite. Una sentenza che arriva respingendo il ricorso di un quarantaduenne salernitano. Il quale risultava sotto indagine perché avrebbe esercitato influenze presso la Commissione tributaria. L’obiettivo: ottenere, tramite pagamento, un verdetto positivo.

Secondo quanto affermato dai legali dell’uomo, però, quel denaro avrebbe avuto una provenienza del tutto lecita, circostanza che aveva spinto la difesa a richiedere il dissequestro della quota, nel frattempo sottoposta a confisca. Gli inquirenti ne avevano infatti disposto il sequestro direttamente dal conto corrente sul quale l’indagato l’aveva versata.

Confisca sul conto corrente: quando scatta durante un’indagine

La situazione non si era sbloccata nemmeno con il ricorso presentato presso il Tribunale di Salerno, che aveva confermato il sequestro della somma. Stesso discorso per la Corte Suprema. Anche se in questo caso l’iter è stato più lungo, dal momento che a seguito di un contrasto, il Collegio aveva rimandato il tutto alle Sezioni unite. La conferma del verdetto è arrivata lo stesso, definendo legittima l’operazione di confisca nonostante la difesa dell’indagato avesse dichiarato una provenienza lecita del denaro. Non solo: uniformandosi al pronunciamento degli Ermellini, la Procura generale ha chiesto la conferma della misura sull’intero ammontare della quota.

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In sostanza, il denaro conservato in banca corrispondente, secondo i giudici, alla somma percepita nel contesto di un affare illecito di tentata corruzione, è stato posto sotto confisca in via definitiva. Nelle motivazioni, contenute in oltre venti pagine, i giudici spiegano che il sequestro è stato eseguito in quanto il denaro è stato ritenuto un “effettivo accrescimento patrimoniale monetario” conseguito “per effetto del reato”. Si tratta quindi di una confisca diretta a tutti gli effetti, per la quale non risulta ostativa la prova dell’origine lecita. Una sentenza che fissa quindi un punto chiave e che, insieme, risolve il nodo che aveva rimandato il tutto alle Sezioni unite.

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