Parkinson, uno studio lascia di stucco: alcuni lavoratori rischiano di più

Il morbo di Parkinson potrebbe potenzialmente manifestarsi in alcuni lavoratori esposti a determinate sostanze in modo progressivo.

Parkinson rischio lavoro
Foto di Sabine van Erp da Pixabay

L’esposizione ai rischi dovuti alla propria attività lavorativa sono perlopiù figurati come esterni o dovuti a logoramento progressivo. Anche per questo, di recente, sono state ampliate le liste relative ai lavori considerati usuranti, utile per allargare al contempo il numero dei lavoratori con la possibilità di un pensionamento anticipato. La prosecuzione regolare di un lavoro rientrante in tale categoria, infatti, potrebbe alla lunga comportare delle condizioni tali da favorire l’insorgere di problematiche in grado di compromettere l’attività lavorativa stessa.

A questo, inoltre, vanno aggiunti diversi fattori che possono rivelarsi decisivi sia in modo diretto per l’insorgere di una malattia che nel contribuire alla sua manifestazione. Aspetti come il patrimonio genetico, ma anche l’ereditarietà o le abitudini di vita e i fattori ambientali. Dettagli tutt’altro che secondari e che, a seconda della patologia, possono influire in una certa misura. A quanto pare, però, l’esposizione a dei particolari agenti chimici potrebbe provocare anche delle patologie estremamente serie, finora non del tutto assimilate a contesti lavorativi. Una di queste è il morbo di Parkinson.

Morbo di Parkinson, quali categorie rischiano di più

Si tratta, come molti sanno, di una malattia degenerativa del sistema nervoso,  la quale comporta un logoramento progressivo di alcune aree cerebrali, finendo per compromettere elementi fondamentali della nostra vita come il movimento e l’equilibrio. Le sue manifestazioni avvengono tramite avvisaglie, come il tremore sistematico di una parte del corpo anche in un momento di riposto, ma anche una lentezza cronica del movimento o anche una certa rigidità del tessuto muscolare. Questo, perlomeno, nelle fasi iniziali. Sintomi che si manifestano in modo non sempre regolare e che, per questo, possono portare a diagnosi tardive.

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L’insorgere del Parkinson non è attribuibile a un unico fattore. Anzi, secondo alcuni esperti, anche agenti esterni al patrimonio genetico o alle eventuali lesioni cerebrali, possono fornire il loro “apporto” allo sviluppo della patologia. Uno di questi fattori, considerato piuttosto preoccupante, riguarda i fattori ambientali. Quindi anche quelli occupazionali, connessi al mondo del lavoro. Specie per coloro che, abitualmente, si trovano esposti a sostanze come erbicidi, pesticidi e insetticidi. Senza contare che l’esposizione costante a metalli come il ferro, il rame, il piombo o il manganese può essere decisiva. L’inalazione di alcune esalazioni, per chi opera nel settore agricolo o nella saldatura, sembra possa rappresentare un fattore di rischio ulteriore. Del resto, non è un mistero che l’esposizione a sostanze tossiche sia nociva per la salute. Le protezioni devono quindi essere adeguate.

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