L’evoluzione delle banche: ecco il “sorpasso” storico che cambia tutto

Le banche cambiano pelle e non da un giorno. Basandosi sull’analisi del 2020, si registrano più prodotti e meno prestiti. Segno dei tempi cambiati.

Banca europea strategie
Foto © AdobeStock

Una rivoluzione abbastanza silenziosa quella che sta interessando le banche internazionali. Cambiamenti che nella quotidianità potranno apparire piccoli ma che, in qualche modo, vanno ad abbracciare aspetti della nostra vita economica sempre più fondamentali. Si va dalle semplici commissioni sul conto corrente (se troppo corposo e privo di movimenti di investimento) al prelievo di denaro contante, che molti istituti di credito vanno via via accantonando per lasciare il posto a forme di pagamento tracciabili. Un passaggio di epoche che, in realtà, non è un fatto recente. Le banche hanno iniziato almeno da un paio di decenni a mutare la propria forma.

Rispetto a qualche tempo fa, quando la banca veniva intesa come un luogo in cui conservare esclusivamente il proprio denaro guadagnato con lo stipendio lavorativo, i tempi sono decisamente cambiati. Un mutamento accompagnato da un passaggio di epoche confluito in un momento storico di tassi a zero, che ha favorito ulteriormente il cambiamento. Ora anche strutturale: meno sportelli, più homebanking e, soprattutto, nuove forme di relation fra banche e correntista. In questo senso, un cambiamento su tutti: meno prestiti e più offerte in termini di prodotti.

Banche, cambiamento epocale: scendono i prestiti e salgono i prodotti

Un quadro che emerge abbastanza chiaramente da un’analisi della Federazione autonomi bancari italiani (Fabi), che parla di una situazione radicalmente diversa fra le vecchie relazioni basate sui prestiti e quelle nuove incentrate su altri strumenti. Al momento, basandosi sui ricavi degli istituti di credito italiani dell’anno 2020, si parla di 78,1 miliardi di euro complessivi, con oltre la metà (39,4 miliardi) garantita da commissioni sui prodotti finanziari. Il credito tradizionale, invece, parla una lingua diversa: 38,7 miliardi, ovvero una distanza apparentemente irrilevante fra il 50,5% del primo ricavo e il 49,5% del secondo. Invece, questi numeri fanno tutta la differenza del mondo perché, a conti fatti, si tratta di un sorpasso storico.

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La ragione secondo Fabi, va ricercata nella perdita di redditività: il Roe è passato dal 6% del 2018 all’1,9% del 2020. Per questo le banche sembrano battere altri sentieri. Scendono i prestiti (con i loro conseguenti ricavi) a causa di un quadro di compressione dei tassi di interesse e di riduzione degli impieghi che, di fatto, rende meno conveniente prestare denaro. Scenario che andrebbe però contro la prerogativa di supporto alle famiglie che, invece, la Banca centrale europea cerca di stimolare, soprattutto in questo momento storico. Qui però si parlano idiomi differenti, perché il denaro alla fine un costo ce l’ha: le banche puntano quindi sui prodotti da vendere piuttosto che sul denaro da prestare. Carte di credito, servizi bancari, prodotti finanziari e assicurativi. Emblemi dei tempi che cambiano, forse persino troppo in fretta. Con lo spiraglio dei finanziamenti ai progetti e alle imprese. Secondo Fabi, una delle poche vie d’uscita.

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