Effetto spread sulle banche italiane: in tre mesi bruciati 11 miliardi

Che il governo si sia dimenticato dei numeri che indicano lo stato economico dell’Italia? Che l’euforia dei vincitori e l’inevitabile tristezza dei perdenti, con tutte le conseguenze, abbiamo spostato attenzioni e preoccupazioni verso futili questione tipo “adesso comando io, facciamo come dico io”? Il presente del Paese, nell’ambito europeo e internazionale, è tale e quale a quello precedente alle elezioni.

Lo spread non è solo un numero messo lì a caso: è l’indicatore che esprime la fiducia che il nostro Paese riscuote sui mercati internazionali, maggiormente quello dei capitali. La fiducia è l’espressione diretta del rapporto con altri Paesi, la Germania in primis poiché considerata l’economia europea più virtuosa. Attualmente, la differenza tra il tasso di rendimento dei titoli decennali dell’Italia (Btp) rispetto a quelli tedeschi decennali (Bund) è di 280 punti base.

Per le aziende italiane, tutto questo si tramuta in difficoltà di un certo spessore: pagare il 2,8% di interessi, rispetto ai concorrenti tedeschi, per finanziare le proprie attività. Facendo un raffronto con altre realtà, pagano l’1,9% in più rispetto a quelli spagnoli e lo 0,5% in più delle imprese portoghesi.

Ecco perché i numeri sono molto più di semplici cifre. Nel mondo economico e finanziario, il loro significato è insindacabile e dice chiaramente che l’Italia, Paese già povero di materie prime e attanagliato da varie problematiche a tutt’oggi irrisolte (infrastrutture decadenti, corruzione, evasione fiscali, tasse troppo elevate), paga di più per finanziarsi. Tutto questo ricade pesantemente sullo Stato e, di conseguenza, sulle imprese private.

Quando lo Stato italiano emette Btp sui mercati internazionali, finanzia il pagamento degli stipendi dei dipendenti pubblici e per far funzionare l’intero meccanismo statale. Se la fiducia sulle obbligazioni italiane cala, ne risente l’intera economia. Continuando poi su questa strada, le difficoltà aumentano e condizionano non solo il debito pubblico, destinato ad aumentare, ma anche il settore privato e quello del credito, entrambi somma delle attività economiche.

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