Reddito di cittadinanza: ma che fine hanno fatto i navigator?

Il governo è ancora al lavoro per definire la messa in campo dei cosiddetti navigator, ossia di quelle nuove figure professionali che dovranno seguire i percettori del reddito di cittadinanza nel loro percorso di formazione e di re-inserimento nel mondo del lavoro.

Finora si è parlato dei requisiti di assunzione e anche delle modalità di invio della domanda, così come si è fatto cenno ai tempi di assunzione e allo stipendio previsto per questi operatori, ma nonostante di parole ne siano circolate parecchie, la questione rimane ancora oggi molto confusa.

Già, perché oltre al venir meno del percorso da fare per diventare navigator, quel che ancora non si capisce è di cosa debba occuparsi, nello specifico, questa figura. E l’equivoco nasce anche in ragione del fatto che i compiti affidati ai navigator sembrano cambiare di giorno in giorno, per cui alla fine dei fatti si rischia che questi finiranno per avere una funzione meramente tecnica: non essendoci alcune collaborazione all’attivo con assessori regionali o aziende, il rischio è esattamente questo.

Ad oggi non è neppure pronta l’applicazione che in teoria sarebbe dovuta servire a far incrociare le offerte di lavoro con le domande, e quindi con i profili dei vari candidati. Insomma, tutta la macchina “attiva” del reddito di cittadinanza sembra essere finita nell’empasse più totale.

A rendere il tutto ancora più complicato sono le regioni, che nella gran parte dei casi non hanno alcuna intenzione di cedere le loro competenze sul fronte delle politiche attive del lavoro allo Stato, di conseguenza tra regioni e navigator si preannuncia sin da ora uno scontro frontale che finirà col produrre più danni che benefici. Non è che quindi questi navigator, alla fine della fiera, avranno davvero un semplice ruolo di supporto? E se così fosse, il loro mantenimento a livello di formazione, stipendio, contributi e quant’altro, non rischia di essere un’ennesima voce di spesa pubblica inconcludente?

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