Start up: l’Italia ci prova, ma manca la fiducia di chi investe

Come stanno andando le cose per le imprese innovative che hanno deciso di mettere radici nel nostro paese? A delineare un quadro della situazione è stato il Tech Insights 2018 che si è svolto quest’estate a Milano.

Durante l’incontro si è fatto il punto della situazione sulle “condizioni di vita” delle start up in Italia, e quindi di criticità, prospettive e opportunità ad hoc. E in tutto ciò, una parte dell’analisi ha inevitabilmente riguardato anche la presenza di prestiti per start up, che proprio per via di quello che una start up rappresenta e per via di come funziona, sono ossigeno puro!

Ebbene, da questo punto di vista è venuto fuori ciò che in molti si aspettavano, e cioè che in Italia si investe ancora molto poco sulle start up: se è vero che questo tipo di imprese possono fare affidamento su una rete di finanziamenti e agevolazioni ormai piuttosto capillare, è altrettanto vero che tale settore accusa il colpo dei dazi imposti dagli Stati, per cui le imprese innovative tendono a crescere fondamentalmente in alcuni hub.

Nel panorama internazionale Londra svetta come una delle città più amiche del mondo start up, ma importanti hub stanno venendo fuori anche a Berlino, Parigi, Stoccolma, Madrid e nella nostra Milano, da un po’ di anni a questa parte in netta risalita.

Il problema delle start up che tentano il successo in Italia è rappresentato da diversi fattori, a partire dal fatto che non c’è ancora una macchina collaudata ed efficace che riesca ad individuare talenti. Chi ha risorse da investire, in buona sostanza, non riesce a trovare qualcuno su cui valga la pena investire. E non è una questione di salario, quanto proprio di fiducia: riuscire ad individuare qualcuno pronto a credere in un progetto X e ad investirci sopra, ad oggi, è ancora una sfida.

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