Mini flat tax per le Partite Iva: 15% fino a 100k di fatturato. Quali rischi?

La coperta è corta e proprio per questo il progetto flat tax sembra essere stato accantonato dal Governo. Tuttavia, pur di non sfigurare dinanzi agli elettori, a cui era stato detto per mesi e mesi che il “governo del cambiamento” avrebbe introdotto la tassa piatta, l’esecutivo si è inventato la cosiddetta mini flat tax. Si tratta in parole povere di un’estensione del regime forfetario da una ristretta cerchia di lavoratori autonomi a una platea molto più ampia.

L’idea è quella di allargare l’applicazione del regime forfetario (che di fatto è un regime di vantaggio rispetto alla partita iva “ordinaria”) fino a un fatturato di 100mila euro l’anno. La proposta di Legge depositata alla Camera dalla Lega, e avvalorata dal Movimento 5 Stelle, prevede quindi che fino a 100mila euro di fatturato si applichi sempre un’aliquota fissa del 15%. Il tutto si stima verrà a costare 3,5 miliardi di euro.

L’aliquota ridotta al 5%, prevista per i primi cinque anni di attività, continuerebbe comunque a rimanere valida, per cui le nuove attività di impresa rientranti nel regime forfetario continuerebbero a conservare questo privilegio per i primi cinque anni di operatività.

Questa mini flat tax piace chiaramente ai lavoratori autonomi, ma come ha fatto notare il commercialista Giuliano Mandolesi, che ha pubblicato la sua analisi su Startmag.it, la cosa potrebbe rivelarsi deleteria per i lavoratori dipendenti. Se la mini flat tax dovesse passare, infatti, lavorare con partita iva diventerebbe più conveniente che lavorare come dipendente. Il motivo è semplice: la diversa tassazione applicata alle due fattispecie.

Mandolesi scrive: “A fronte di 100.000 euro guadagnati in qualità di lavoratore dipendente, la tassazione sarebbe di 36.170 euro più addizionali regionali e comunali. La stessa cifra guadagnata da un professionista, invece, genererebbe imposte per soli 11.700 euro e addirittura per soli 3.900 euro per le nuove attività tassate al 5%”. Il rischio, a quel punto, è che “la differenza di trattamento fiscale finirebbe col causare una trasformazione di posti di lavoro subordinati in improprie posizioni di lavoro autonomo (le cosiddette false partite iva)”.

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