Chi decide di trasferirsi all’estero potrebbe incorrere negli spietati controlli del Fisco, per cui è sempre bene procedere con passi felpati e oculati quando ci si avventura in questo genere di cose!
Prima di tutto, è importante sapere che dal momento in cui ci si trasferisce all’estero, il Fisco azionerà sicuramente la macchina dei controlli, a cominciare dalla questione residenza che in genere si controlla si tratti di un effettivo cambio di residenza (e non di un cambio fittizio dovuto molto probabilmente a ragioni di natura fiscale). Per stare tranquilli da questo punto di vista sarebbe opportuno – oltre che trasferirsi per davvero – iscriversi all’Aire, che è un’associazione che raduna tutti gli italiani residenti all’estero.
Ma esattamente come si fa a definire se una persona sia realmente residente in un posto anziché in un altro? Per le regole vigenti, la residenza è laddove si trascorre più di metà dell’anno solare, per cui, se chi si trasferisce all’estero se ne sta all’estero per più di 6 mesi l’anno, non ci sono problemi. Ovviamente però questa residenza fuori Italia va provata, per cui è altamente probabile che il Fisco italiano chiederà la produzione di prove.
E qui si apre un’altra parentesi, perché se Tizio si trasferisce all’estero, ma in Italia continua ad avere case intestate, utenze attive, bollette che arrivano, conto corrente e carte di credito, così come quote societarie intestate a proprio nome, l’illegalità non sussiste a prescindere, ma un campanello d’allarme scatta senz’altro visto che secondo il Fisco è probabile che quella persona si sia trasferita fuori dall’Italia per aggirare qualcosa (il Fisco stesso, magari?).
Se l’unico legame con l’Italia dovesse essere un’abitazione, e se i consumi di quell’abitazione dovessero rientrare nei 2Kw per triennio, allora non ci sarebbe alcunché da temere. In caso contrario le indagini sarebbero più ferrate e il rilascio delle prove una vera rogna.