Congedo di maternità: ammesso anche se non si è più lavoratrici

Se una donna che lavora decide di presentare le dimissioni una volta scoperto di essere incinta, questa non perde comunque il diritto al suo congedo di maternità, cioè all’indennità sostitutiva che l’Inps riconosce alle neomamme lavoratrici per i 5 mesi in cui queste sono costrette ad assentarsi dal posto di lavoro.

Ebbene, la novità sta proprio nel fatto che tale congedo spetta anche a quelle lavoratrici che non sono più in attività, ma che da poco risultano disoccupate o sospese. Affinché si possa percepire ugualmente l’indennità sostitutiva per 5 mesi (due dei quali precedenti al parto, e tre successivi), bisogna che tra la sospensione del lavoro e l’avvio del congedo non siano trascorsi più di 60 giorni.

Nel caso in cui fossero trascorsi più di 60 giorni, l’indennità di maternità verrebbe corrisposta solo a patto che la donna risulti percepire contemporaneamente la Naspi (che è l’indennità di disoccupazione), la quale verrebbe a sua volta sospesa per i 5 mesi coperti dall’indennità sostitutiva. Dopotutto la legge prevede che le dimissioni motivate dalla maternità rientrino nella fattispecie della giusta causa e, quindi, non facciano perdere il diritto al beneficio della Naspi.

Cosa accade invece se la neomamma non ha diritto alla Naspi? In questo caso, fatte salve le dovute premesse, l’indennità maternità spetta se nell’ultimo biennio risultino versati almeno 26 contributi settimanali. Pertanto, a queste lavoratrici, nei 5 mesi coperti dal congedo di maternità, l’Inps eroga una indennità sostitutiva pari all’80% del valore della retribuzione precedentemente percepita.

Impostazioni privacy