In questi giorni Luigi Di Maio e Matteo Salvini sono seduti attorno ad un tavolo per cercare di delineare il programma del prossimo governo a guida Movimento 5 Stelle – Lega. Diversi i punti che sono stati oggetto di discussione e che con ogni probabilità continueranno ad essere dibattuti, e tra questi v’è l’inevitabile nodo pensioni che è uno di quelli sui quali si registra la massima convergenza: entrambe le forze politiche, infatti, puntano al superamento della Legge Fornero e alla sua sostituzione con la chiacchieratissima Quota 100.
La quota 100, così come dice il nome, è un meccanismo che regola l’uscita dal mercato del lavoro e quindi l’accesso alla pensione. Si tratta di uno meccanismo piuttosto semplice e flessibile, e che è anche più dolce rispetto alla Fornero che impone, come noto, delle soglie di accesso alla pensione piuttosto rigide e alte.
Non a caso ciò su cui si regge la quota 100 è una regola soltanto: fare in modo che la somma dell’età anagrafica e degli anni di contribuzione porti 100. Il che significa, molto banalmente, che con la quota 100 un lavoratore potrebbe andare in pensione se ha compiuto 60 anni di età e accantonato 40 anni di contributi (60+40=100), o se ha 65 anni di età e 35 di contributi (65+35=100), e così via.
L’unico limite che la quota 100 fa proprio è quello anagrafico, che può voler dire che questo calcolo vale da una determinata età anagrafica in poi: sotto una determinata età, che potrebbe aggirarsi sui 59 o 60 anni, non si avrebbero proprio i requisiti per poter andare in pensione, e quindi non sussisterebbe neppure l’ipotesi del calcolo aritmetico di cui prima.
Ma veniamo ai costi. La quota 100 dovrebbe costare nel 2019 circa 11,5 miliardi di euro, per arrivare a quota 15 miliardi a regime. Il calcolo è stato fatto da Stefano Patriarca, stimato consulente di Palazzo Chigi che si è occupato di previdenza e che ora è a capo della società di consulenza Tabula.