Fmi all’Italia: “Più tasse sulla ricchezza, meno sul lavoro”

Mentre le parti politiche sono impegnate nel tentativo di uscire dallo stallo istituzionale e di dare una maggioranza di governo al Paese, il Fondo Monetario Internazionale torna a farsi sentire e a dettare l’agenda al nuovo governo che verrà.

Il Fmi, nonostante l’Italia un governo con pieni poteri non ce l’abbia ancora (quello Gentiloni, infatti, si sta occupando esclusivamente del disbrigo dell’ordinaria amministrazione), qualche punto fermo di quella che sarà la prossima legislatura lo ha già messo: il Fmi chiede all’Italia di introdurre una sorta di tassa patrimoniale volta a colpire immobili e patrimoni, e al tempo stesso spinge per una detassazione del lavoro. Insomma, la ricetta è nota: meno tasse sul lavoro e più tasse sulla ricchezza.

Nel Fiscal Monitor, l’organismo guidato da Christine Lagarde scrive: “La priorità per l’Italia deve essere un consolidamento fiscale credibile e ambizioso che possa portare il debito su un percorso di discesa”. Per poter fare questo è quindi necessario “un taglio della spesa primaria corrente, un sostegno alle fasce più deboli, l’aumento degli investimenti e la riduzione delle tasse sul lavoro con uno spostamento del carico fiscale sulle ricchezze, gli immobili e i consumi”. In poche parole si parla di meno imposte dirette e più imposte indirette.

Nel dettaglio dei numeri, i tecnici di Washington affermano che il rapporto debito/Pil dell’Italia scenderà al 129.7% nel corso di quest’anno e al 127.5% entro il 2020, per poi toccare quota 116.6% nel 2023. Il rapporto deficit/Pil, invece, dovrebbe calare all’1.6% già quest’anno e allo 0.9% l’anno prossimo, fino a toccare il tanto chiacchierato pareggio di bilancio entro il 2021.

Insomma, le prospettive per il Belpaese sono senz’altro buone, ma c’è bisogno di continuare il percorso riformista intrapreso negli ultimi anni e varare politiche “caute” per poter non solo raggiungere, ma anche consolidare questi buoni risultati (e l’instabilità politica a cui stiamo assistendo, nonché l’avvento delle forze populiste, non lasciano ben sperare gli osservatori internazionali).

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