Nei periodi di malattia il lavoratore dipendente non ha solo dei diritti, ma anche dei doveri nei confronti del suo datore di lavoro. Già, perché un modo di fare che è contrario al buon senso può persino portare al licenziamento.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione, la quale ha ricordato che il dipendente ha appunto dei doveri nei confronti dell’azienda per la quale lavora, e questi doveri sono fondamentalmente tre: il primo è comunicare la malattia al proprio datore di lavoro; il secondo è richiedere il certificato di malattia al proprio medico, ed il terzo dovere consiste nel rispettare scrupolosamente gli orari di reperibilità previsti per le visite fiscali Inps.
Ma per la verità c’è un altro dovere che va rispettato, che se vogliamo è il più importante di tutti, vale a dire non ostacolare una pronta guarigione: il lavoratore che è in malattia, in sostanza, non deve esercitare una condotta tesa ad aggravare le sue condizioni di salute o quanto meno a rallentare il percorso di guarigione.
Ecco quindi che non rispettare anche solo una di queste condizioni può portare al licenziamento. La Corte di Cassazione, con la sentenza 6047/2018, ha stabilito che il lavoratore in malattia può essere licenziato per giusta causa qualora ostacoli in qualche modo il suo rientro a lavoro. La sentenza è venuta fuori proprio grazie a un caso emblematico, vale a dire quello di un lavoratore licenziato per giusta causa mentre si trovava in malattia per una lombosciatalgia.
Il dipendente, infatti, durante il periodo di malattia, ha partecipato a un concerto e si è esibito in uno show con il suo gruppo musicale. L’azienda è venuta a conoscenza del tutto grazie a Facebook, e la Cassazione, a quanto si è evince, le ha dato ragione sul fronte del licenziamento: il licenziamento per giusta causa è legittimo ogni qual volta il dipendente tenga una condotta che di fatto prolunga il periodo di malattia.