Pensioni, la Quota 41 piace (quasi) a tutti: in cosa consiste?

Le pensione, si sa, è un traguardo tutt’altro che facile da raggiungere, specie per i più giovani che si vedono costretti ad affrontare un mercato del lavoro a dir poco impietoso. Fatto sta che di pensioni e di riforma pensionistica se ne continui a parlare nonostante una riforma importante l’Italia l’abbia già fatta (la Fornero, chiaramente).

Nel tentativo di rendere l’attuale assetto un po’ più “umano” ma al tempo stesso non troppo flessibile, sta avanzando una proposta che è stata un po’ la bandiera sia della Lega che del Movimento 5 Stelle: la cosiddetta Quota 41. Questa soglia è già prevista per alcune ristrette categorie di lavoratori, ma il tentativo di più parti politiche (compresa una minoranza del Partito Democratico) è di estenderla a tutti.

Molto semplicemente, la Quota 41 prevede che un lavoratore possa andare in pensione al raggiungimento dei 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età.

La proposta, originariamente avanzata dal piddino Cesare Damiano, andrebbe approvata insieme a tutta un’altra serie di cose, come il rendere strutturale l’Ape a 63 anni (la cui scadenza è prevista per fine 2018), includere ulteriori categorie di lavoratori nella lista dei lavori gravosi che beneficiano di un trattamento privilegiato in termini di pensione anticipata, approvare la nona salvaguardia per risolvere una volta per tutte il problema esodati e proseguire la sperimentazione del progetto Opzione Donna.

Tutto ciò, a detta di Damiano, aiuterebbe le persone ad andare in pensione prima, ai giovani di entrare più facilmente nel mercato del lavoro e allo Stato di recuperare soldi derivanti da una doppia tassazione (quella del pensionato e quella del giovane che riesce ad entrare nel mondo del lavoro).

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