Toys ‘R’ Us si arrende: chiusi i negozi Usa, 33mila licenziamenti

Dopo mesi di indiscrezioni, alla fine Toys ‘R’ Us ha comunicato ai suoi dipendenti la chiusura di tutti i suoi negozi di giocattoli negli Stati Uniti (e non solo). La notizia era nell’aria da un po’, ma la conferma ufficiale è arrivata soltanto nelle ultime ore. Dopotutto difficilmente le cose sarebbero potute andare diversamente, specie perché il piano di rilancio avrebbe potuto fare ben poco a fronte di una situazione a dir poco disastrosa.

La chiusura dei negozi Toys ‘R’ Us comporterà il licenziamento di ben 33.000 dipendenti. Il colosso dei giocattoli gestisce, soltanto negli Stati Uniti, più di 700 punti di vendita, per cui l’impatto che questa decisione avrà soprattutto sul mercato americano non sarà affatto da poco.

Eppure le cose sembrano ormai decise, tanto che la società, stando a quanto scrive il Wall Street Journal, dovrebbe presentare la richiesta di messa in liquidazione questa stessa notte. Il fatto è che Toys ‘R’ Us non riesce più a competere con il commercio elettronico che è spesso più efficiente, più economico e anche più ricco di scelte rispetto a quello tradizionale. E se le vendite non tirano, il debito accumulato per oltre 7 miliardi di dollari difficilmente potrebbe essere sanato.

Il gruppo, stanti i fatti, si è visto costretto a chiudere le proprie attività negli Stati Uniti, certo, ma anche in Canada, Giappone, Austria e Svizzera, mentre i punti vendita di Polonia, Francia, Australia, Spagna e Portogallo sembrano ancora resistere alla tagliola. Infatti non è da escludersi la possibilità che la catena non possa continuare a mantenere aperti 200 negozi anche dopo la sua liquidazione: l’idea, avvalorata dalla Cnbc, è che Toys ‘R’ Us possa appunto sfruttare questi negozi ancora aperti per accelerare la procedura di liquidazione: d’altronde non si può sottovalutare il fatto che tali punti vendita siano molto redditizi per il gruppo.

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