Il prezzo del petrolio continua a scendere. Il dollaro e le riserve statunitensi stanno continuando a minare gli sforzi che i paesi OPEC hanno provato a concretizzare con l’accordo di Vienna nel novembre 2016. Ma esattamente cosa sta accadendo al greggio? A far crollare la quotazione del Wti e quella del Brent è stata soprattutto la rilevazione EIA che ha evidenziato un inatteso aumento delle riserve di greggio.
Nel corso della scorsa settimana le giacenze sono salite di 2.483 milioni di barili, producendo una reazione sul fronte del prezzo della materia prima che a quel punto era più che attesa. Inoltre, sempre secondo i dati EIA, la produzione di petrolio statunitense nel solo mese di novembre ha sfiorato quota 10.057 milioni di barili al giorno, che fino a prova contraria rappresenta un nuovo record storico.
Insomma, sul greggio ci sono stati dei forti sbalzi che hanno causato non pochi effetti a livello di prezzo. Il prezzo del petrolio, intanto, ha spazzato via quasi tutti i guadagni che erano stati portati a casa da inizio anno ad oggi, ma questo non è stato frutto solo ed esclusivamente dell’aumento della produzione americana. Anche il più recente apprezzamento del dollaro, infatti, ci ha messo del suo nella svalutazione del petrolio.
L’indice della divisa statunitense ha spiccato il volo nella seconda metà del mese scorso passando da un livello minimo di 88.27 a un punto massimo di 90.70. Di contro, il cambio con la moneta unica ha perso slancio ripiegando su quota 1.218 dollari. Tutto ciò ha fatto sì che le materie prime, petrolio in primis, diventassero via via meno attraenti agli occhi degli investitori, e la situazione che si profila in questo inizio di marzo non è affatto buona per la valutazione del greggio.
Non a caso, in questo momento sia il Wti che il Brent stanno procedendo in area negativa.