Esiste in diversi paesi Ue ed ultimamente anche la Finlandia pare stia provando ad introdurlo al suo interno (con una sperimentazione che per il momento sta coinvolgendo 2.000 cittadini, i quali riceveranno una media di 560 euro mensili senza condizioni). Si tratta del reddito minimo garantito, idea che sentiamo riproporre a più non posso sia da parte dei sindacati che da parte di alcune fazioni politiche.
In Italia il Movimento 5 Stelle ha proposto qualcosa di simile ma al tempo stesso di diverso, vale a dire il reddito di cittadinanza. Un reddito, quello che vien fuori dalla proposta dei pentastellati, che dovrebbe essere erogato a favore di disoccupati e poveri affinché nessuno viva più al di sotto della soglia di povertà. Dopo di che, nel bel mezzo della campagna elettorale, anche Silvio Berlusconi ha lanciato la sua proposta: introdurre un reddito di dignità di 1.000 euro mensili sulla scia di uno schema ideato dall’economista americano Milton Friedman (anche se in realtà la proposta di Friedman non è esattamente uguale a quella poi rilanciata da Berlusconi).
Più cauto invece il Partito Democratico che nella sua ultima esperienza di governo ha proceduto coi fatti, più che con le parole, all’introduzione in Italia di un Reddito di inclusione sociale, ovvero di un reddito da poco più di 400 euro mensili riconosciuto solo ed esclusivamente a quelle famiglie che versano in uno stato di grave difficoltà economica. Il Pd quindi non propone un vero e proprio reddito di cittadinanza come M5S e centrodestra, anche alla luce del fatto che di risorse a disposizione non ce ne sono affatto per una misura di questo tipo.
L’idea di mettere un po’ di ordine nella giungla delle prestazioni sociali e assistenziali è senz’altro meritoria (specialmente se si considera il mare di errori che vengono fatti propri per il caos interno al sistema), a patto però che l’intervento non si riveli peggiore dello status quo.