A più di un anno dalla sua elezione a presidente degli Stati Uniti, Donald Trump riesce a mettere a segno un provvedimento finalmente più concreto; una riforma che contraddistinguerà per davvero il suo mandato e che potrebbe farlo tornare a crescere in termini di popolarità (ambito nel quale ultimamente sta un po’ arrancando, perlomeno stando ai sondaggi).
Il parlamento americano ha infatti dato il via libera alla riforma fiscale che verrà ricordata fondamentalmente per un punto: una netta riduzione delle tasse a carico delle imprese. Proprio così, perché il progetto di riforma disegnato da Trump e ora approvato in via definitiva porta a una diminuzione delle tasse sulle imprese dall’attuale aliquota del 35% al 21%.
Inoltre la stessa riforma rafforza incentivi e deduzioni, e offre uno scudo fiscale a quelle società che vogliono rimpatriare il denaro finora detenuto all’estero. Ma non è finita qui, perché il taglio delle tasse – specificatamente dal 39.6% al 20% – riguarda anche i “pass-through”, vale a dire quei soggetti che non pagano le imposte sugli utili perché questi vengono attribuiti al proprietario dell’impresa e quindi ricadono nella sua dichiarazione dei redditi.
Per quanto riguarda le persone fisiche, invece, la riforma fiscale mantiene le sette aliquote previste per i redditi individuali. Trump ha tuttavia aperto alla possibilità di ridurre da sette a tre le aliquote, con una al 12% per i redditi bassi, una al 25% per i redditi intermedi e l’altra al 35% per i redditi più alti (si è parlato però di una quarta aliquota del 39% per colpire maggiormente i redditi ancora più alti).
Le imposte sul reddito delle persone fisiche sono quindi rimaste sette, ma anche qui è comunque stata varata una loro contrazione. Quella del 39.6% passa così al 37%, quella al 35% rimane confermata, quella al 33% scende al 32%, quella dal 28% scende al 24%, quella al 25% scende al 22%, quella al 15% cala al 10% e quella al 10%, che è l’aliquota minima, rimane invariata.
utto oro quel che luccica? Non necessariamente, in quanto qualcuno questi soldi che vengono a mancare dovrà pur pagarli, e infatti gli analisti prevedono un’impennata del debito pubblico di 1.500 miliardi in 10 anni. Trump però sostiene la sua riforma asserendo che il problema del debito non si pone: l’abbassamento delle tasse produrrà una crescita economica tale da compensare il minor gettito derivante dalle imposte sui redditi.