Spesso e volentieri (anzi, quasi sempre) non facciamo altro che lamentarci dell’Europa, della sua burocrazia, delle sue rigidità e delle sue accezioni negative. Siamo arrivati al punto tale da puntare il dito contro l’euro, ritenendolo la causa di tutti i nostri mali, e siamo persino arrivati al punto di ritenere l’Europa come una “gabbia” per la nostra crescita. E su tutto ciò ci si costruisce da anni intere campagne elettorali, nonché il successo di alcune fazioni politiche.
La realtà dei fatti però è ben altra, perché se non cresciamo, se non siamo moderni e all’avanguardia, se insomma non siamo al livello degli altri paesi europei, non è affatto colpa dell’Europa, ma nostra. Soltanto nostra. Già, perché dai dati risulta che l’Ue dal 2014 ci abbia dato la bellezza di 42 miliardi di euro.
Si tratta di fondi comunitari che vengono stanziati per cicli di sette anni e che quindi sono destinati a chiudersi inesorabilmente nel 2020. Ebbene, dal 2014 ad oggi l’Italia, di questi fondi, ne ha investiti una minima parte: nei primi 3 anni di fondi il Belpaese è riuscito a spendere soltanto il 3% dell’incredibile tesoretto che l’Europa ha stanziato per l’ammodernamento e la messa in sicurezza.
E la beffa è che l’Italia, insieme alla Polonia, è il paese che sulla carta riceve più soldi di tutti da parte dell’Ue, quindi la storia secondo cui l’Europa ci voglia male e voglia vederci soffrire è tutta, semplice e scorretta fantapolitica. Semplicemente, dall’Ue i soldi ne arrivano e ne arrivano pure parecchi: siamo noi a non saperli spendere come dovremmo. Siamo noi a non investirli nelle periferie del nostro Paese, quando quei soldi sono stati messi sul tavolo proprio per rimettere in sesto le aree più periferiche delle nostre città.
Se solo li avessimo spesi, dal 2014 al 2020 avremmo avuto una decina di miliardi all’anno da destinare allo sviluppo.