Etruria nel mirino della Consob: “Nascoste le criticità”

Nel 2012 e 2013 Banca Etruria “ha influenzato il pubblico risparmio attraverso offerte, in assenza di un quadro informativo corretto e completo in merito alla reale criticità in cui la stessa versava”. E’ quanto ha dichiarato Giuseppe D’Agostino, vicedirettore della Consob chiamato in audizione dalla Commissione di inchiesta sulle banche.

“Le operazioni condotte dalla banca – ha spiegato D’Agostino – sono state effettuate nascondendo criticità e anomalie che contraddistinguevano i suoi profili tecnici, nonché i suoi aspetti legati all’organizzazione e al controllo. Profili di criticità di cui la banca era consapevole, anche a seguito di indicazioni ricevute dalla Banca d’Italia”.

Dalla ricostruzione di D’Agostino risulta che solo nel maggio 2016 la Consob sia stata messa al corrente del fatto che Banca Etruria, già nell’estate 2012, era a conoscenza dei suoi profili di criticità. Profili che non sono mai stati portati a conoscenza della Consob, ma neanche del mercato. “La lettera del 24 luglio 2012 inviata a Bpel da Banca d’Italia – ha aggiunto D’Agostino – è stata acquisita da noi solo nel maggio 2016”.

Risulta inoltre che Banca Etruria abbia avviato la propria patrimonializzazione senza mai dichiarare le criticità gestionali e patrimoniali già presenti al suo interno. L’istituto “aveva omesso di indicare ai risparmiatori e alla Consob che tutte le operazioni di patrimonializzazione erano fondamentali per la sopravvivenza della Banca, affermando solo che si tratta affermando che il tutto era dovuto a un semplice allineamento ai nuovi standard patrimoniali”. In pratica, era stata trasformata l’intera questione in un fatto quasi di routine rispetto a ciò che in realtà era.

Questo comportamento da parte della banca si è trascinato anche nel dicembre 2013, quindi quella di Etruria era un modo di fare, oltre che errato, anche piuttosto consolidato. Alla luce di tutto ciò, si riapre la polemica. E si riapre anche sul ministro Maria Elena Boschi, accusata di aver fatto pressioni sui vertici di vigilanza affinché “graziassero” il padre coinvolto negli scandali.

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