Buoni pasto non sempre accettati: i sindacati chiedono intervento

Il 9 settembre scorso è entrata in vigore la nuova normativa sui buoni pasto cumulabili. Da allora, grazie al decreto varato dal Ministero dello Sviluppo Economico, è stata data la possibilità di cumulare fino a 8 buoni pasto per fare la spesa, ma anche per pagare il conto nei bar, nelle tavole calde, nei ristoranti, e poi ancora nei mercatini, spacci aziendali e agriturismi.

Insomma, da qualche mese a questa parte i buoni pasto hanno conosciuto un campo di applicazione molto più ampio.

Tuttavia, per quanto sia un provvedimento giusto e che va incontro all’anello debole della catena, il sindacato Ugl-Unione Generale del Lavoro denuncia carenze nella messa in funzione del meccanismo. Sembra infatti che i buoni pasto dati ai dipendenti pubblici e ai dipendenti degli enti locali non siano molto accettati. I dipendenti statali hanno dei buoni pasto di importo variabile a seconda del tipo di lavoro svolto e dell’inquadramento contrattuale, e molti di loro, ad esempio, ricevono i cosiddetti buoni “Qui Ticket” che non sono largamente accettati (soprattutto da ristoranti, pizzerie e negozi di alimentari).

Di conseguenza oggetto di contestazione non è la norma in quanto tale, anzi, il provvedimento di per sé è buono e giusto. Semplicemente, va fatto funzionare meglio.

Marco Milani, coordinatore romano di Ugl, spiega che i buoni pasto vengono sempre meno accettati e che in tutto ciò i lavoratori ne escono penalizzati. “Sempre più di frequente ci stiamo accorgendo che ristoranti, pizzerie e negozi di alimentari non accettano i buoni ‘Qui Ticket’ dati ai lavoratori del pubblico impiego. In molti casi, questi buoni vengono rifiutati oppure vengono accettati soltanto per la metà dell’importo speso”. Questo fa sì che i lavoratori si ritrovino a dover pagare il conto o totalmente in contanti, o metà in contanti e metà con i buoni pasto, a riprova di come la “macchina” dei buoni pasto non stia funzionando come dovrebbe.

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