Web tax, ci siamo: imposta del 6% sui Big della rete

La Commissione Bilancio del Senato ha dato il suo via libera alla famosa quanto discussa web tax. L’emendamento alla legge di Bilancio è stato approvato stamane e, come si legge dalla relazione tecnica che gli ha preparato il terreno, dovrebbe produrre un gettito pari a 114 milioni di euro annui a partire dal 2019, anno in cui è prevista l’entrata in vigore dell’imposta (che ricordiamo essere pari al 6%).

Questo farà sì che il tesoretto a disposizione del Fondo per le esigenze indifferibili passerà nel 2019 da 330 a 444 milioni di euro. In realtà il gettito atteso sarebbe di 228 milioni di euro, ma per via del credito di imposta che viene riconosciuto alle imprese residenti in Italia, e comunque assoggettate alla web tax, si finisce di fatto col non superare i 114 milioni di entrate.

L’ultima versione della web tax è stata disegnata da Massimo Mucchetti, presidente della Commissione Industria del Senato.

Si tratta di una versione differente rispetto a quella originaria, in quanto, tra le altre cose, la web tax così come formulata ora prevede l’esclusione dall’imposta delle imprese agricole e di quei soggetti “che hanno aderito al regime forfetario o al regime di vantaggio per i contribuenti di minori dimensioni”. Un particolare non di poco conto, poiché è quello che toglie ogni dubbio di torno e circoscrive l’applicazione della web tax alle sole imprese di grandi dimensioni (primi su tutti, i Big della rete).

Servizi colpiti, tempi e modus operandi verranno comunque definiti mediante un apposito decreto attuativo che il governo dovrà varare entro il 30 aprile 2018. Quel che è certo, oltre all’entità dell’aliquota, è che le banche e gli intermediari finanziari opereranno come sostituti di imposta: a loro in sostanza spetterà il compito di applicare una ritenuta d’imposta con obbligo di rivalsa sul soggetto che riceve i corrispettivi.

Dopo tanto tempo, alla fine, ce la si è fatta: la web tax è prossima all’introduzione definitiva.

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