Il terremoto, oltre a disseminare morte e distruzione, causa un dissesto economico-finanziario di ampia portata. E’ ciò che è accaduto a circa 16.000 imprese artigiane, con 39.000 addetti, localizzate nei 140 Comuni delle Marche, Lazio, Abruzzo, Umbria, lontane ancora da ciò che si può chiamare normalità.
Confartigianato ha presentato delle proposte serie per risollevare economicamente queste zone disastrate, ma bisogna dare una seria accelerata; basta chiacchiere e più fatti!
Ragioniamo coi dati in mano: circa il 25% del totale delle aziende artigiane rappresentano nel settore le zone sismiche del Centro Italia; il 37,6% delle imprese artigiane opera nel settore delle costruzioni, il 24,8% nei servizi alle persone, il 24,4% nel manifatturiero e l’11,3% nei servizi alle imprese.
Marche e Umbria risultano le regioni in cui gli effetti del terremoto si sono sentiti in modo particolare, con cali di occupazione rispettivamente dell’0,8% e dell’1,5%, a fronte di un +1,3% della media nazionale.
Secondo Confartigianato, nonostante gli interventi messi in atto dal governo, la situazione di stallo per la ricostruzione e la ripresa delle attività economiche non può continuare all’infinito; le norme vanno semplificate e gli Enti e le istituzioni vanno indirizzate nel loro ambito di competenza. L’economia deve ripartire ma per farlo bisogna ridurre la burocrazia, coinvolgere le imprese locali nella ricostruzione, rafforzare il coordinamento tra le istituzioni e le Associazioni imprenditoriali.
Appare alquanto inutile questo eccessiva quantità di norme riguardanti gli eventi calamitosi. Ci vogliono principi semplici e certi sulle misure da adottare in particolar modo sulla sospensione di versamenti e adempimenti fiscali e contributivi. Pare ovvia, infine, la necessità di affidare alle micro e piccole imprese locali una quota significativa degli appalti pubblici per la ricostruzione.