Un’accusa diretta e chiara da parte della Consob: la Banca d’Italia non gli segnalò i problemi di Veneto Banca.
L’aumento di capitale del 2013 venne considerato “strumentale a obiettivi previsti dal piano per effettuare eventuali acquisizioni coerenti con il modello strategico della banca salvaguardando liquidità e solidità”. Un’affermazione, questa, rilasciata dal direttore generale di Consob, Angelo Apponi, durante l’audizione alla Commissione banche che gli ha chiesto perché non ci sia stato un intervento nonostante i segnali di crisi dell’istituto veneto.
Carmelo Barbagallo, capo di vigilanza di Bankitalia, ascoltato dalla stessa commissione ha invece sostenuto che nel novembre 2013 venne segnalato a Consob che il prezzo per l’aumento di capitale era incoerente con il contesto economico.
Apponi ha spiegato che “le reazioni della Consob dipendono dal tipo di informazioni e dalla convergenza di indizi. L’ispezione si fa quando esistono sufficienti indizi. La vicenda del prezzo delle azioni è stata trattata seriamente con una nota nel prospetto informativo che è il documento previsto dalle norme comunitarie, può piacere o no. All’epoca non avevamo indizi e infatti abbiamo proceduto quando ci hanno informato”.
Il dg della Consob ha aggiunto che nella lettera di Bankitalia dell’8 maggio 2013 non c’erano segnalazioni di sofferenza e anzi prevedeva un’acquisizione.
Sempre attraverso il capo della vigilanza, Bankitalia segnalò nel novembre 2013 alla Consob che il prezzo per l’aumento di capitale di Veneto Banca era “incoerente con il contesto economico, vista la crisi in atto” e considerate anche le “negative performance reddituali dell’esercizio 2012”. Barbagallo ha poi precisato che quest’informativa, mandata alla Consob, a suo parere “era più che sufficiente a far scattare il warning”.
“Se la Consob dice che non aveva i mezzi avremmo anche potuto ispezionare noi, ce lo poteva dire, avrebbe potuto tranquillamente farlo e noi ci saremmo mossi di conseguenza”, ha poi ribadito sulla questione il capo della vigilanza.