Il social lending o prestito sociale è una delle grandi novità di finanza sociale disciplinate dalla riforma del Terzo settore. Non che prima dell’approvazione dei decreti non ci fosse nulla del genere, per esempio già nel 2016 una disposizione di Bankitalia riconosceva il fenomeno, ma soltanto con il nuovo codice (Cts) il social lending è stato normato ed è diventato una realtà a portata.
Una realtà messa a disposizione di tanti privati cittadini che possono godere di una tassazione agevolata sul reddito percepito con gli interessi (12,50%) in cambio della loro disponibilità a sostenere progetti di utilità sociale.
Con l’articolo 78 del nuovo codice del Terzo settore questo tipo di prestito entra a pieno titolo tra gli strumenti di finanza sociale e l’obiettivo immaginato dal legislatore è quello di consentire la crescita delle risorse in campo per i prestiti a vantaggio della collettività, una cifra che ha raggiunto anche in Italia dimensioni importanti, ma che però è ancora poco rispetto a quanto è stato raccolto con lo stesso meccanismo in altre realtà del mondo.
«Questo strumento – spiega Nicolò Melli, uno dei consulenti in materia economica del ministero delle Politiche sociali per la riforma del Terzo settore – ha lo scopo di mettere in relazione soggetti interessati a prestare denaro con altri che necessitano di risorse finanziarie. Tale sistema di finanziamento è stato sviluppato per la prima volta in Inghilterra dal sito web Zopa, che dal 2005 ad oggi ha erogato 800 milioni di dollari in prestiti alternativi al credito bancario tradizionale. Quello del P2P lending è un mercato che, numeri alla mano, sembra destinato a crescere anche in Italia».