Spese fisse di chiusura del conto corrente: come funzionano?

Le spese fisse di chiusura del conto corrente sono per delle spese che il correntista si ritrova a dover affrontare una volta che chiude il proprio conto corrente. Parliamo di voci di costo che vengono stabilite al momento dell’apertura del conto, per cui non si deve cadere nell’errore di pensare che si tratti di oneri “a effetto sorpresa”. L’ammontare delle spese di chiusura conto sono indicate infatti nel contratto che le parti hanno siglato durante l’apertura del conto, oppure nei fogli sintetici che descrivono le caratteristiche fondamentali del prodotto finanziario in oggetto.

Con l’arrivo della Legge 248 del 2006, nota anche come “decreto Bersani”, sono state eliminate le spese di chiusura per un caso in particolare: nel caso cioè il cliente voglia chiudere il conto corrente per via della mancata accettazione dell’aumento dei costi applicati al conto stesso. In sostanza, grazie al decreto Bersani, se il cliente non dovesse accettare la modifica unilaterale del contratto, potrebbe recedere dal rapporto di conto corrente in via del tutto gratuita: l’importante è che lo faccia entro 60 giorni dalla comunicazione delle nuove condizioni di contratto.

Le spese fisse di chiusura conto corrente continuano a rimanere, dunque, nel caso in cui il cliente decida di sua spontanea volontà di chiudere il conto: in tal caso sarà tenuto a saldare i costi di gestione pratica, i costi fissi di estinzione ed eventuali altri oneri previsti dal contratto.

L’ammontare complessivo delle spese di chiusura conto comprende tutte le spese inerenti alla gestione del conto, quindi costi dovuti per l’elaborazione dell’estratto conto, per l’utilizzo dei servizi bancari quali carte di credito e carte bancomat, commissioni determinate sulle operazioni effettuate e altre spese eventualmente previste dal contratto.

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