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Lavoro e pensioni

Pensione minima, una soluzione per alzare l’importo: la vecchiaia dignitosa

Secondo l’analisi di Covip, l’accesso agli strumenti di previdenza integrativa è piuttosto battuto. Un passo verso una pensione migliore.

 

Raggiungere la pensione, almeno in teoria, significa poter disporre di un contributo che consente di vivere in tranquillità la vita dopo il lavoro. Beh, purtroppo non sempre è così.

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Può accadere che, nonostante una vita trascorsa sudando le proverbiali sette camicie, ci si ritrovi all’età pensionabile con un assegno non corrispondente alle aspettative. Il quale, per inciso, non consente nemmeno di garantire uno standard minimo di vita adeguato. Una situazione ben più comune di quanto possa sembrare, visto che in Italia gli assegni bassi riguardano una buona fetta di contribuenti, soprattutto coloro che ricevono una pensione di reversibilità. Il che rende necessario capire se vi siano le possibilità di integrare i minimi, ossia di affiancare al normale assegno delle soluzioni che permettano di alzare un poco il reddito e, di fatto, vivere meglio.

Diciamolo subito: la risposta è sì. Tuttavia, i conti vanno necessariamente fatti insieme all’oste. Per capire se, come e quando investire per riuscire a ottenere dei rendimenti utili ad alzare il livello della pensione. Il tavolo sulla nuova riforma del sistema pensionistico resta attivo e, per il momento, si è scelto di incentivare gli strumenti di accesso anticipato ai trattamenti. Un quadro che potrebbe agevolare sul momento ma che non risolve di certo il problema in ottica futura. I lavoratori più giovani, infatti, corrono il rischio di ritrovarsi al compimento dell’età anagrafica giusta senza aver maturato abbastanza contributi, oppure senza aver raggiunto una quota di assegno tale da garantire una vita tranquilla.

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Pensione minima, come integrarla e coi fondi pensione

Un terreno piuttosto battuto è quello della previdenza integrativa tramite i fondi pensione. A fine 2021, come riferisce ilSole24Ore, gli iscritti si attestavano a +403 mila rispetto all’anno precedente, con una crescita dal 4,3% (addirittura del 6,6% per quanto riguarda i fondi aperti). I fondi negoziali, invece, avevano fatto segnare un +6% rispetto al 2020. Segno evidente che le integrazioni ai minimi sono una pista percorsa da coloro che, pur percependo una pensione, cercano di garantirsi altri strumenti di sussistenza, più o meno futuribili. Per quanto riguarda le risorse stanziate per garantire le prestazioni, si è raggiunta quota 14,7 miliardi in più rispetto al 2020. Per un totale di 212,6 miliardi.

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A inquadrare il trend è l’analisi della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip), secondo la quale emerge come i rendimenti siano attestabili al 4,9% per i fondi negoziali e al 6,4% per quelli aperti. Il tutto al netto dei costi di gestione e anche della fiscalità, che portano a loro volta i Piani individuali pensionistici (i cosiddetti Pip) all’11,1% per il ramo III, mentre all’1,3% per le gestioni separate del ramo I. Secondo l’authority di riferimento, i risultati della previdenza integrativa sono quindi stati sostanzialmente positivi. Oltre che elevati per le linee di investimento di maggiore esposizione azionaria. Il rendimento annuo ha toccato quota 4,1% per i fondi negoziali, il 4,6% per quelli aperti.

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Damiano Mattana