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Lavoro e pensioni

Pensione, un miraggio per i millennial: al lavoro fino a 75 anni

Il quadro è ancora sconfortante. I nati negli anni Ottanta rischiano di vedere la pensione come un obiettivo impossibile. Ma arrivano due potenziali chance.

Foto: Pixabay

Essere nato in un determinato decennio piuttosto che in un altro, potrebbe fare tutta la differenza del mondo in termini di pensione. Ad esempio la generazione dei cosiddetti “Millennials”, ovvero i nati fra gli inizi degli anni Ottanta e fine anni Novanta, rischiano di vederla quasi col proverbiale binocolo. Il discorso è presto fatto: chi è nato soprattutto negli anni 80, infatti, potrebbe andare in pensione addirittura a 75 anni di età. Ovvero, attorno al 2050. Un avvertimento più che un dato di fatto, ma comunque molto vicino a essere qualcosa di parecchio concreto. E non è una bella notizia.

Il problema, come sempre da qualche anno a questa parte, sarebbe da ricercare nel sistema di lavoro in generale. Ritenuto discontinuo e, spesso, tutt’altro che favorevole al raggiungimento dell’età della pensione entro tutti i requisiti minimi. Negli ultimi giorni, addirittura, la Cgil ha proposto nuovamente una pensione di garanzia. Altre proposte riguardano persino il riscatto della laurea gratuita.

Pensione, le due proposte: come funziona il riscatto della laurea

Con la prossimità della riforma pensionistica, cercare di adottare un sistema che consenta a ogni lavoratore di semplificare i percorsi diventa fondamentale. Tuttavia, al momento, le proposte sul tavolo non sembrano in grado di salvare del tutto una generazione intera rimasta imbrigliata in un sistema lavoro radicalmente mutato durante la sua fase di crescita. Già nel 2016, l’Inps pubblicò una ricerca proprio sulla generazione degli anni Ottanta, individuando nella discontinuità contributiva il nodo della pensione tardiva. In alcuni casi addirittura (e solo in potenza) a 75 anni di età. Un quadro sconfortante che, negli anni intercorsi dalla ricerca, non appare per nulla migliorato. Da qui le prime proposte, fra cui quella avanzata dalla Cgil che sprinta affinché venga presa in considerazione l’idea della pensione di garanzia.

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Si tratta di un sistema che permetterebbe di superare il periodo d’inoccupazione volontario, coincidente con gli anni della formazione, così come quello involontario, ovvero l’inizio tardivo dell’attività lavorativa con posizione contributiva aperta. Negli anni scorsi, si era ipotizzato un contributo di 650 euro mensili per 20 anni di contributi, con 30 aggiuntivi per ogni anno successivo in più. L’Inps, per il momento, preme di più sulla proposta del riscatto di laurea gratuito al fine della pensione. Ovvero, un’operazione dai costi alti (almeno 4 miliardi l’anno) ma con buone possibilità di effetti positivi, fra cui l’incentivo allo studio e un ingresso tardivo nel mondo del lavoro senza accumulo di ritardo sui contributi. Il costo del riscatto è comunque alto: 5.264,49 euro per ogni riscattato, per circa 30 mila totali euro rateizzabili. Una buona opportunità per chi viaggia su retribuzioni basse o partendo da un’attività lavorativa precoce.

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Damiano Mattana