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Buoni fruttiferi, intoppo con la serie Q/P: l’errore che ha generato il caos

Federconsumatori lancia l’allarme sui buoni fruttiferi: si rischia una lungaggine burocratica per un decreto di oltre trent’anni fa.

Foto © AdobeStock

Si tratterebbe di uno strumento importante ma, negli ultimi tempi, i problemi sorti sono stati quasi più dei potenziali benefici. I buoni fruttiferi postali serie Q/P, emessi tra il luglio 1986 e quello del 1995, stanno registrando alcuni nodi che rischiano di portare la questione su altri lidi rispetto al semplice sportello postale in cui riscuoterli. A lanciare l’allarme arriva persino Confconsumatori che, addirittura, parla di un possibile sovraccarico nei tribunali qualora la situazione non dovesse risolversi in fretta. Tanto che si profila un tentativo di conciliazione fra Poste e le associazioni dei consumatori per sbrogliare una matassa che appare sempre più intricata.

Ma di quale problema si tratta? E’ presto detto. I buoni fruttiferi postali della serie in questione (i Q/P triennali) hanno manifestato un problema al momento della riscossione, fruttando meno rispetto al rimborso indicato. Il nodo sembrerebbe legato ai rendimenti della stagione ’86, per la precisione al 13 giugno di quell’anno, quando il Decreto ministeriale emesso li aveva abbassati. In sostanza, Poste fece un’operazione di adeguamento, riadattando i buoni a seconda dei nuovi tassi, ovvero quelli della serie P con due timbri, lasciando però sul davanti della scheda la vecchia serie Q/P.

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Buoni fruttiferi, intoppo con la serie Q/P: il problema dei rendimenti

Ora è subentrata un’ulteriore difficoltà, ossia il tempo trascorso. In effetti, i nuovi timbri facevano riferimento esclusivamente ai rendimenti compresi far il primo e il ventesimo anno, escludendo dalla revisione quelli fra il ventunesimo e il trentesimo. In pratica, il Decreto ministeriale del 1986 indicava un lasso di tempo limitato sul calcolo dei rendimenti, omettendo il calcolo della percentuale nel momento in cui fosse stato scavallato il ventesimo anno. La tabella di base parlava di interessi calcolati, in crescendo, dell’8%, poi 9%, 10,50% e infine 12%. In seguito si agiva diversamente, calcolando la cifra ogni bimestre su base dell’interesse semplice sul tasso massimo.

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Ora, stando così le cose, molti risparmiatori hanno fatto richiesta delle rendite ottenute in precedenza. Ricevendo in molti casi, peraltro, un parere favorevole da parte dell’Arbitro bancario finanziario. L’intermediario è stato quindi tenuto a liquidare gli interessi effettivi dal 21esimo al 30esimo anno. Una bagarre dalla quale, a ogni modo, Poste si è chiamata fuori facendo sapere di aver agito con correttezza facendo riferimento alle indicazioni del fu Decreto del 1986. A ogni modo, il rischio di ingolfamento è proporzionale ai buoni fruttiferi che si trovano in questa situazione. La lungaggine rischia di dilatare i tempi di recupero. Il tutto per un errore a monte.

Published by
Damiano Mattana